È il 1991 quando chiude l’ultimo bar di Succiso, piccolo paesino dell’Appennino tosco-emiliano a un’ora e mezza di macchina da Reggio Emilia. Per gli abitanti lo spettro dell’abbandono definitivo si fa incombente. Restare a vivere in un borgo senza più bar, botteghe, attività lavorative sembra una scelta insostenibile.
Trent’anni dopo il caso Succiso è invece una storia di successo, studiata in tutto il mondo. Proprio nel 1991, infatti, i giovani della pro loco decidono di non arrendersi, ma di provare a tenere in vita il loro paese. Per farlo fondano una cooperativa - la Valle dei Cavalieri - che nel corso di tre decenni è riuscita a dare vita a una serie di attività lavorative, generando reddito in loco: prima il bar e il negozio di alimentari, poi un agriturismo, il ristorante, una fattoria per la produzione di formaggio e, infine, anche il servizio di trasporto alunni nelle scuole. I risultati? Un fatturato annuo di poco inferiore agli 800 mila euro, dieci stipendi garantiti, migliaia di visitatori ogni anno.
“Il nostro segreto è stato il gruppo”, sintetizza Oreste Torri, uno dei protagonisti di questa vicenda paradigmatica di quel processo di rigenerazione della montagna a cui oggi in tanti, specie dopo l'esperienza della pandemia, vogliono provare a credere.
Simone Benazzo - Marco Carlone