“La cosa che più ricordo di Aurelio Galfetti è il suo impegno per costruire l’Accademia di architettura. Fu designato dal consiglio scientifico di allora come primo direttore, dopo una serie di sondaggi: ha accettato la sfida, che anche per lui risultava epocale, voleva dire anche rimettere in discussione il suo ruolo professionale in Ticino. L’ha affrontata con lo slancio di un vero pioniere: ha dovuto mettere passione, impegno, dedizione per affrontare una scommessa che per tutti era un punto interrogativo. Ha dato tutto quello che poteva dare, la sua dedizione è il grande insegnamento che ha lasciato a me e a gli altri colleghi con i quali abbiamo intrapreso l’avventura”. Con queste parole Mario Botta ricorda l’architetto Aurelio Galfetti, scomparso la notte tra domenica e lunedì a Bellinzona, che con lui fondò l’accademia di Mendrisio.
Mario Botta
Come definire il lavoro di Galfetti? “Era un lavoro appassionato – sottolinea Mario Botta ai microfoni della RSI –, sulla scia dei grandi maestri: lui aveva come riferimento costante Le Corbusier, dal quale ha attinto a piene mani fin dalle prime opere. Oltre che estetico il suo era un impegno etico: per lui l’architettura era anche una testimonianza sociale, non solo artistica. Galfetti era per noi un esempio da seguire”.
“Galfetti era un buono, un appassionato che non metteva in primo piano il suo essere un creativo – continua Botta –, era un compagno di viaggio nelle avventure e nelle disavventure che capita di vivere all’uomo comune: era molto modesto, umile, e questo forse era l’aspetto che lo faceva maggiormente sentire vicino agli studenti”.