C'è un legame tra il presunto reclutatore svizzero-turco dell'IS e il procedimento che di recente è sfociato nella condanna a Milano di Abderrahim Moutaharrik, l'ex pugile marocchino che si allenava in una palestra di Canobbio, condannato a sei anni di carcere per terrorismo a Milano.
Il nome del 32enne arrestato mercoledì su ordine del Ministero pubblico della Confederazione compare infatti nelle carte dell'inchiesta che nell'aprile del 2016 portò in carcere l'ex kickboxer, già campione svizzero. Emerge direttamente dall’ordinanza di custodia cautelare spiccato a suo tempo contro Moutaharrik e compagni.
"Un turco dal volto illuminato"
Era il febbraio del 2016. Il pugile che si allenava a Viganello e Abderrahmane Khachia (pure processato in Italia) stavano discutendo sul modo di raggiungere la Siria per arruolarsi nell'IS. Il secondo spiegò che conosceva qualcuno in grado di aiutarli: un turco dal "volto illuminato", con cui era in contatto su Facebook. Quel qualcuno era l’uomo residente a Lugano, in via Brentani, ora accusato di avere reclutato militanti del sedicente stato islamico o di organizzazioni associate. A suo carico ci sono però anche i fatti che sarebbero avvenuti al centro per asilanti di Camorino. Fatti per i quali sono indagati anche tre agenti della polizia cantonale che negano ogni addebito.
Cresciuto a Molino Nuovo
Il presunto reclutatore era impiegato in un'agenzia di sicurezza privata ed è finito in carcere a Lugano nell'ambito della maxi operazione antiterrorismo delle polizie federali e cantonale. È cresciuto a Molino Nuovo con la famiglia. Persone tranquille, come tante che, sottolineano i vicini, a microfoni spenti, non hanno mai dato problemi. Anzi. Il 32enne per molti versi era considerato un esempio di integrazione. Concluse le scuole aveva lavorato anche per l'Ente ospedaliero cantonale, passando in seguito alle dipendenza di più agenzie di sicurezza fino ad approdare all'Argo One.
La svolta nel 2013?
La sua passione era il ping-pong. Giocava dal 2000 e con buoni risultati tanto da diventare anche aiuto allenatore, occupandosi dei ragazzi.
Qualcosa nella sua vita deve essere accaduto nel 2013. "Non abbiamo mai avuto problemi con lui" conferma alla RSI il presidente della società ancora sorpreso dalle sue improvvise dimissioni giunte quattro anni fa. "Da allora non si è più visto", sottolinea. Altri suoi conoscenti affermano che proprio in quel periodo aveva cominciato a recarsi alla moschea di Viganello, si era lasciato crescere la barba ed era cambiato anche nell'abbigliamento e nelle frequentazioni.
Un legame con la cellula appena condannata in Italia è assodato. Ora gli inquirenti svizzeri stanno scandagliando le sue altre conoscenze che potrebbero averlo portato, sospetta il Ministero pubblico della Confederazione, a reclutare jihadisti.
"L'operazione non aveva come scopo né la moschea né l'imam"
La Lega dei Musulmani in Ticino nella serata di giovedì, con una nota, ha voluto ribadire che "l'operazione di polizia di mercoledì 22 febbraio non aveva come scopo la nostra moschea, neppure il nostro imam".
CSI/redMM/Quot/Diem
Dal TG20:
Dal Quotidiano: