Arte

Mario Botta, la fede nell'architettura

“Se fosse per me, costruirei solo chiese”, per l’architetto ticinese i luoghi di culto hanno sempre rappresentato un momento di pace e serenità

  • 1 aprile, 07:23
Mario Botta

Mario Botta

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Di: Maria Chiara Fornari 

I capelli bianchi non sono nulla. La vitalità e la curiosità per le forme del vivere sono quelle degli anni giovanili. Dietro agli immancabili occhialini tondi, l’occhio estroso dell'infaticabile architetto brilla di entusiasmo di fronte ad ogni nuova idea, sfida, progetto o semplice schizzo iniziale, punto di partenza di uno sviluppo futuro. La sua mano fa scorrere veloce sul foglio la sua compagna di tante avventure professionali di successo, la matita rossa, mezzo indispensabile per dar forma all’idea, al sogno che diviene possibile, reale.

Il fiore di Pietra sul Monte Generoso, 2017

Il fiore di Pietra sul Monte Generoso, 2017

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Mi sento un operatore lontano dall’attualità elettronica: mi piace sentire la presenza della matita nella mano, mi piace osservare i suoi piccoli movimenti, le pause e le successive accelerazioni. Personalmente mi trovo in difficoltà a leggere un disegno sullo schermo di un computer (…) Per questo preferisco la matita, porta con sé una maggior consapevolezza critica: come un sismografo riesce a registrare le nostre emozioni. (Mario Botta, Quasi un diario. Frammenti intorno all’architettura, Le Lettere, 2003)

L’architettura secondo Mario Botta
L'architettura non esiste, ciò che esiste è l'opera di architettura (Louis Kahn). A Mario Botta piace citare questa frase dell'architetto statunitense, che ebbe modo di conoscere ai tempi degli studi universitari veneziani. Un'affermazione che condivide con il grande maestro statunitense, perché secondo Botta l'architettura trova la sua profonda ragione d'essere unicamente nel fatto costruito, non nella teoria, non nel pensiero, non nell'immagine, né nel progetto stesso. L'architettura ha ragione d'essere solo quando incontra la realtà del fatto architettonico, una condizione di natura che diviene un atto di cultura.

Secondo Botta l’architettura deve avere una sua componente monumentale primaria nel suo volume essenziale, un volume che, analogamente a come Michelangelo agiva in scultura, l’architetto forgia, togliendo materia, per rispondere alla scala, alle esigenze, indicate dal paesaggio. Anche all’interno dell’edificio si scava, per realizzare gli spazi interni, uno scavare che deve rispondere ad una dimensione domestica o civile, a seconda delle esigenze, comunque sia, alla dimensione dell’uomo. L’architettura per Mario Botta vive della compresenza di una comunicazione verso il territorio, verso il paesaggio da un lato, e verso l’uomo dall'altro.

I continui e inevitabili cambiamenti che l’umanità porta con sé arricchiscono la città. Una città che si fa testimone della stratificazione storica dell’uomo, una città che deve essere sempre pronta a modificare i suoi criteri di insediamento, per adattarsi di volta in volta alle epoche, alle esigenze e alle aspirazioni della collettività.


Nemo propheta in patria

1:18:05

Prego si accomodi

RSI Cultura 06.02.2018, 09:15

Mario Botta nasce a Mendrisio il primo aprile del 1943. Dopo un periodo di apprendistato da disegnatore edile negli studi luganesi di Carloni e Camenisch, si appassiona all’architettura e decide di intraprendere un iter formativo per diventare architetto. Frequenta il liceo artistico a Milano e prosegue i suoi studi a Venezia, dove si laurea in architettura nel 1969. Durante la sua permanenza a Venezia ha occasione di incontrare e lavorare con due grandi pilastri della storia dell’architettura: Le Corbusier e Louis Kahn. Nel 1970 apre un suo studio di architettura a Lugano. Nel 1996 è tra i fondatori dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, di cui è stato anche direttore. Nel 2011 ha trasferito lo studio a Mendrisio, dove continua ad occuparsi di concorsi e progetti su scala nazionale e internazionale. I suoi lavori hanno abbracciato diverse tipologie edilizie: edifici abitativi, amministrativi, scuole, banche, biblioteche, musei, edifici di culto.

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Controluce

RSI Cultura 06.02.2018, 09:08

Ritagliatosi molto presto un posto di primo piano nel mondo dell’architettura internazionale, con pubblicazioni, conferenze e seminari nelle più prestigiose Università del mondo, Mario Botta guarda avanti, sperimenta, osa, non raccogliendo però sempre adesioni e consensi presso i suoi concittadini. I ticinesi hanno talvolta guardato con stupore, misto a diffidenza, già ai suoi primi progetti, rivolti alla realizzazione di edifici abitativi in Ticino, ma anche alla tenda bellinzonese per il 700esimo della confederazione, al Casinò di Campione, in terra italiana ma che si affaccia sul Ceresio, alla chiesa di Mogno, al Fiore di Pietra sul Generoso o alla recente nuova arena dell'Hockey Club Ambrì-Piotta. Progetti che non conoscono le mezze misure, vivono di una netta contrapposizione nella reazione del pubblico: lodati da alcuni, demonizzati da altri. Edifici che hanno in qualche modo turbato, scioccato, una parte dell’opinione pubblica, per i volumi innovativi e le soluzioni in rapporto al paesaggio.

E lui della sua patria cosa pensa? Nel 1999 ebbe a dire che se Guglielmo Tell avesse potuto disporre di una seconda freccia non la avrebbe lanciata, perché sarebbe stato cosciente che le frecce in Svizzera sono tutte spuntate. In Svizzera, secondo Botta, non c’è il piacere del rischio, non c’è capacità di approfondimento critico, per cui anche lanciare delle frecce risulta inutile. Sono frecce che non fanno male, spuntate, che vanno contro un muro di gomma.

Il ricco e ampio percorso dell’archistar
Nel percorso artistico di Mario Botta sono stati individuati alcuni grandi cicli di realizzazioni architettoniche: il ciclo delle case famigliari, il ciclo delle costruzioni amministrative, quello degli edifici di culto, il ciclo dei palazzi pubblici, dei musei, lo studio delle città e dei tessuti urbani. Ma la sua vivacità progettuale si è indirizzata anche al design (sedute, tavoli, caraffe, orologi, lampade, matite, panchine sono alcuni degli oggetti da lui disegnati e ancora in vendita nei maggiori store di design in tutto il mondo) e al teatro. Famosa la sua scenografia per il balletto di Tchaikovsky lo Schiaccianoci nel 1992 all’Opernhaus di Zurigo.

La sua inesausta creatività progettuale lo ha visto impegnato in Cina, paese che è rimasto affascinato, sedotto, dalle forme della sua visione dell’architettura.

Hengshan Road Hotel a Shangai, Mario Botta 2012
  • foto Benoit Florençon

Il primo concorso in Cina risale al 2003 per la costruzione di un museo per il Campus dell’Università di Pechino (25.000 m²), la cui realizzazione, dopo aver subito un arresto, si è conclusa nell’ottobre del 2016. Nel frattempo, nel 2011, lo studio di Mario Botta ha portato a termine la Biblioteca per lo stesso istituto universitario. La nuova sfida cinese dell’architetto di Mendrisio è il progetto per un intero Campus universitario per la Lu Xun Academy (600.000 m²) a Serenyang, città a Nord di Pechino.

E mentre pensa alla cittadina universitaria, la stagione cinese dell’archistar l’ha portato a realizzare un edificio nella città simbolo del nuovo grande impero economico cinese, Shangai, dove ha di recente inaugurato un Grand Hotel.

L’Oriente piace all’archistar e l’archistar piace in Oriente. Nella città di Manyang, nella Corea del Sud, si è dotata di una cattedrale da duemila posti dedicata a Nostra Signora del Rosario, da un progetto dello studio Botta del 2011: "I luoghi di culto nella storia dell’umanità hanno sempre rappresentato un momento di pace e serenità, aldilà delle guerre di religione. Nella polis sono state un momento di riconoscimento reciproco delle differenze e di convivialità".
"Se fosse per me, costruirei solo chiese"
ha detto in un'intervista l'architetto, che ha fatto dell'architettura una sua personale religione.

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Controluce

RSI Cultura 06.02.2018, 09:12

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