Cinema

Brigitte Bardot e il fascino discreto dello scandalo

Sempre al centro dei riflettori, all’insegna del libero pensiero e della controversia

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Brigitte Bardot, una bionda mozzafiato
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Di: Nicola Lucchi 

Quarant’anni per conquistare il mondo, cinquanta per rifiutarlo. Così potrebbe essere ironicamente sintetizzata la vita di Brigitte Bardot, che oggi novantenne ha trascorso quasi metà della propria vita inseguendo la libertà nella propria fama, riservando gli ultimi cinque decenni a dichiarazioni al limite, controversie e guai legali. Oggi Brigitte Bardot è più amata che mai, ma è curioso osservare come il percorso artistico che l’ha resa un’icona sembra fare a cazzotti con la rigidità del suo pensiero odierno. La diva che a soli quarant’anni ha voltato le spalle allo star system non ha smesso un solo giorno di far parlare di sé, confermando come minimo comune denominatore della propria esistenza lo scandalo.

Fu la bellezza ad aprirle la strada, un colpo di fortuna a fargliela percorrere a una velocità spropositata. Solo adolescente finì sulla copertina di Elle grazie all’amicizia tra sua madre e la direttrice della rivista. Notandola, il regista Marc Allégret la presentò a Roger Vadim. Quest’ultimo se ne invaghì al punto da volerla sposare all’istante. Brigitte aveva solo sedici anni, i suoi genitori si opposero, ma appena maggiorenne convogliò a nozze col cineasta. Correva l’anno 1952, lo stesso in cui fu lanciata nel cinema: prima con l’esordio in una parte secondaria in Le Trou normand di Jean Boyer, successivamente col ruolo da protagonista in Manina ragazza senza veli di Willy Rozier.

In pochi anni, Brigitte Bardot si trasformò in un’icona. La formula perfetta della diva dotata di talento, carisma e sensualità. A differenziarla da molte stelle dell’epoca quali Marilyn Monroe e Sophia Loren erano però le sue origini tutt’altro che umili. Cresciuta da una famiglia benestante e profondamente cattolica in un appartamento con sette camere da letto nel XVI arrondissement di Parigi, riuscì a farsi notare per le proprie idee progressiste, il suo desiderio di liberazione dai vincoli del pensiero borghese e per delle scelte artistiche che riuscirono a strapparla dai ruoli poco impegnati che l’avevano vista nascere. Piace a troppi (1956) di Roger Vadim fu il film in grado di farla notare al mondo. Proprio la sua sensualità fu però uno degli aspetti che posero un freno all’ascesa di Hollywood, ancora troppo preoccupata di gestire le restrizioni di un codice Hays sul viale del tramonto.

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L’immagine che il mondo aveva di lei fu ritenuta spesso una spina nel fianco dalla stessa attrice, che divisa tra parti impegnate e pellicole leggere e spiccatamente sensuali raggiunse i vertici della propria carriera negli anni Sessanta. La verità (1960) di Henri-Georges Clouzot, che la strapperà dalla famiglia, Vita privata (1962) di Louis Malle, che tanto assomigliava al vissuto reale dell’attrice, osannata dal pubblico e odiata dai benpensanti, così come Il disprezzo (1963) di Jean-Luc Godard, forse la pellicola per la quale è più ricordata, furono un trittico difficile da gestire. Un periodo della vita complicato fatto di aspre critiche e un tentato suicidio, ma che allo stesso tempo sancì l’inizio di un decennio dorato nel quale, al fianco dei successi cinematografici, iniziarono a farsi strada quelli musicali, quali la collaborazione con Serge Gainsbourg.

Pause Café Plus, 21.09.2014

RSI Cultura 17.09.2014, 13:21

Quando, nel dicembre del 1967, Brigitte Bardot incontrò per la prima volta il generale de Gaulle, l’intera nazione rimase col fiato sospeso nel vederla comparire abbigliata come un ussaro napoleonico in un ambiente che, come quello del cinema Eliseo, proibiva i pantaloni per le donne come abito da sera. Erano però gli albori della rivoluzione sessuale, e la sua ribellione al costume borghese, così come le sue numerose storie d’amore, iniziavano a suscitare sempre meno scandalo.

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Brigitte Bardot, all’apice del successo e a soli quarant’anni, abbandonò il mondo dello spettacolo col singolo Moi je joue/Мой Ход, al quale sarebbe seguito, ma solo dieci anni più tardi, Toutes les bêtes sont à aimer. Quasi la rivoluzione sessuale alla quale aveva contribuito fosse stata una creatura ormai libera di camminare con le proprie gambe, voltò le spalle ai riflettori senza mai scomparire completamente. Dopo una giovinezza passata a trasgredire, l’età adulta lasciò infatti spazio a una diversa consapevolezza di sé, in una visione del mondo sempre sul margine della controversia o della provocazione. Grande attivista per i diritti degli animali, fu condannata a pagare una multa per delle dichiarazioni contro gli abitanti dell’Isola di Réunion, accusati di barbarie nei confronti degli animali. Dichiaratamente di destra, appoggiò il fronte nazionale di Marine Le Pen senza farsi mancare dichiarazioni al limite della xenofobia. Sul finire della pandemia di COVID19, flirtò infine con certe tesi complottiste, sostenendo che il virus era uno strumento per il controllo demografico di un mondo sovrappopolato.

Al netto di un atteggiamento e di un pensiero non sempre condivisibili, Brigitte Bardot si è consolidata come un simbolo degli anni Sessanta, quintessenza di stille e bellezza, trasgressiva manifestazione di una reazione borghese al proprio stesso costume, meritandosi a buon diritto un posto nella storia dello spettacolo. Durante e dopo la sua carriera, non sono stati pochi gli omaggi a lei dedicati nei più svariati ambiti artistici: dai disegni di Milo Manara ai ritratti di Andy Warhol, dalle citazioni in numerosi testi musicali alla sensuale Barbarella, che da lei prese i lineamenti nel fumetto cult di Jean-Claude Forest. Nel 2023, infine, una miniserie televisiva a lei dedicata e dal titolo inequivocabile di Bardot. In attesa di qualche nuova provocazione, non resta dunque che augurare alla diva un buon novantesimo compleanno.

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