Libri

“Spera”, cosa c’è dentro l’autobiografia di Francesco

Sei anni di lavoro, un documento ricco di rivelazioni e racconti inediti - Un memoriale che prende il via nei primi anni del Novecento, con la narrazione delle radici italiane e dell’avventurosa emigrazione in America Latina degli avi

  • 27 gennaio, 14:00
189794185_highres.jpg
  • Keystone
Di: Red. 

“Il libro della mia vita è il racconto di un cammino di speranza che non posso immaginare disgiunto da quello della mia famiglia, della mia gente, del popolo di Dio tutto. È, in ogni pagina, in ogni passo, anche il libro di chi ha camminato insieme a me, di chi ci ha preceduto, di chi ci seguirà”.

Così Francesco commenta l’arrivo nelle librerie (dal 14 gennaio) di ‘Spera’, la sua autobiografia, la prima realizzata da un Pontefice nella storia, la cui stesura ha impegnato gli ultimi sei anni. Il libro è stato pubblicato da Mondadori, che ne gestisce i diritti mondiali ed è uscito in contemporanea mondiale nelle principali lingue e in più di 80 Paesi. Scritto con Carlo Musso, già direttore editoriale non fiction di Piemme e Sperling & Kupfer e poi fondatore del marchio indipendente Libreria Pienogiorno, questo documento per volontà di Papa Francesco avrebbe dovuto in un primo momento essere pubblicato solo dopo la sua morte, ma il Giubileo della Speranza annunciato per il 2025 e le esigenze del tempo lo hanno risolto a diffondere ora questa preziosa eredità. “È stata una lunga, intensa avventura che ha impegnato gli ultimi sei anni: i lavori per la stesura sono iniziati fin dal marzo 2019” ha raccontato Musso.

 “Un’autobiografia non è la nostra letteratura privata, piuttosto la nostra sacca da viaggio. E la memoria non è solo ciò che ricordiamo, ma ciò che ci circonda. Non parla unicamente di quel che è stato, ma di quel che sarà. Sembra ieri, e invece è domani. Tutto nasce per fiorire in un’eterna primavera. Alla fine, diremo solo: non ricordo niente in cui non ci sei Tu”.

Ricco di rivelazioni e racconti inediti, emozionante e umanissimo, commovente e drammatico, ma anche capace di autentico umorismo, il memoriale di Francesco prende il via nei primi anni del Novecento, con la narrazione delle radici italiane e dell’avventurosa emigrazione in America Latina degli avi, per svilupparsi nell’infanzia, la giovinezza, la scelta vocazionale, la maturità, fino a coprire l’intero pontificato e il tempo presente. Un testo di grande forza narrativa, nel quale il Papa attraverso il racconto autobiografico affronta con schiettezza, coraggio e profezia anche i più importanti e dibattuti temi della nostra contemporaneità, nonché i nodi cruciali del suo servizio come pastore universale della Chiesa.

L’infanzia nel barrio Flores

“Quando qualcuno mi dice che sono un Papa villero, prego solo di esserne degno”, afferma Francesco, ripercorrendo con la memoria quel “microcosmo complesso, multietnico, multireligioso e multiculturale” rappresentato dal barrio Flores, il quartiere di Buenos Aires dove ha vissuto la sua infanzia. Qui “le differenze erano normalità e ci si rispettava”.

Il Papa ricorda l’incontro con delle prostitute, immagine di quel «lato più oscuro e faticoso dell’esistenza» che ha conosciuto fin da bambino nelle periferie argentine. Divenuto vescovo, Bergoglio celebrerà la Messa per alcune di queste donne che avevano nel frattempo cambiato vita.

Le “Maddalene contemporanee”

“Io ho fatto la prostituta dappertutto anche negli Stati Uniti. Ho guadagnato, poi mi sono innamorata di un uomo più anziano, è stato il mio amante, e quando è morto ho cambiato vita. Ho una pensione, ora. E vado a fare il bagno ai vecchietti e alle vecchiette delle case di riposo che non hanno nessuno che si prenda cura di loro. A Messa non vado molto, e con il mio corpo ho fatto di tutto, ma ora voglio curarmi dei corpi che non interessano a nessuno”. “Una Maddalena contemporanea”, la definisce Francesco. La Porota lo chiamerà un’ultima volta, dall’ospedale, poco prima di morire, per avere l’Unzione degli infermi e la Comunione. “Se ne è andata bene” – scrive il Papa - come “i pubblicani e le prostitute” che ci “passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21, 31). E molto bene io le ho voluto. Anche adesso, il giorno della sua morte non dimentico di pregare per lei”.

Dal dramma delle periferie urbane al dramma dell’Iraq devastato dai confitti lo sguardo di Francesco non cambia, ma resta sempre quello colmo di attenzione e cura per un’umanità ferita. Di quella storica visita compiuta dal 5 all’8 marzo 2021 — la prima di un Pontefice nel Paese — Francesco ricorda “la ferita al cuore” rappresentata da Mosul.

Il viaggio in Iraq e “la ferita al cuore” di Mosul

“Una delle città più antiche del mondo — afferma —, traboccante di storia e tradizioni, che aveva visto nel tempo l’avvicendarsi di civiltà diverse ed era stata emblema della convivenza pacifica di differenti culture in uno stesso Paese — arabi, curdi, armeni, turcomanni, cristiani, siriaci —, si presentava ai miei occhi come una distesa di macerie, dopo i tre anni di occupazione da parte dello Stato Islamico, che l’aveva scelta come propria roccaforte”. E sorvolato dall’alto di un elicottero, il territorio appariva come “la radiografia dell’odio, uno dei sentimenti più efficienti del nostro tempo”.

19:44

Neo, buon compleanno Soletta

Il Quotidiano 25.01.2025, 19:00

Correlati

Ti potrebbe interessare