Calvino sta al Novecento italiano, come Leopardi (soprattutto quello delle Operette morali) sta all’Ottocento. La sua intensità di pensiero non ha eguali, se si eccettuano alcune pagine di Moravia, gli scritti corsari di Pasolini, e le digressioni civili di Sciascia. Eppure Calvino ha qualcosa in più. La sua pagina non dice mai nulla di superfluo, è chiara, precisa, elegante. «Lingua esatta e pronuncia intera» scriveva il Foscolo, non sapendo che Calvino più di lui avrebbe incarnato questo assioma.
Due sono le cose che stupiscono in Calvino: l’esattezza e la leggerezza. Attorno a questi due valori, del resto, lo scrittore insiste nel saggio le Lezioni americane (saggio che condensa la sua poetica).
In realtà le lezioni avrebbero dovuto essere sei: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza. Sui primi cinque Calvino ci consegna una lezione (lezione imprescindibile per chi voglia scrivere alcunché), il sesto resta solo un progetto, poiché Calvino il 19 settembre 1985 muore colpito da ictus proprio mentre sta scrivendo le Six Memos for the Next Millennium.
Esattezza e leggerezza
Essere leggeri quando si scrive una storia di resistenza (come accade nel romanzo Il sentiero dei nidi di ragno) non è evidente; così come non è scontato essere esatti quando si fantastica di mondi invisibili (come accade ne Le città invisibili e nella trilogia I nostri antenati) o quando si sconfina nella fantascienza (come accade nelle Cosmicomiche e in Ti con zero). Eppure, per quanto fantastica e assolutamente irreale sia la trama, Calvino, oltre ad essere leggero, riesce ad essere esatto; e allo stesso tempo, per quanto realistica sia la sua prosa, Calvino riesce ad essere, oltre che esatto, anche leggero.
Incontro: un uomo invisibile, 1974
RSI Cultura 08.12.1974, 01:00
In questo senso, con un aforisma di Ennio Flaiano, si può affermare che Calvino sia un autore con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole, ovvero sia un autore che per quanto appaia avulso dalla realtà, fa continuamente i conti con la Storia (il barone rampante si confronta addirittura con Napoleone); e allo stesso tempo, per quanto sia impegnato e ingaggiato dentro la vicenda storica, non disdice il ricorso ad un punto di vista leggero e gioioso, punto di vista che rende il testo iper-realistico e commovente (si legga, in questo senso, Il sentiero dei nidi di ragno).
Realtà e finzione
Per Calvino, infatti, la realtà non è quella che si vede. È molto di più. Nei suoi romanzi, il confine fra realtà e finzione viene costantemente messo in discussione. I temi che vengono affrontati (che sono temi concreti come il conflitto fra bene e male, la violenza dei padroni sui deboli, la liberazione dalle catene di oppressione, la Storia che si intromette nella vita dei personaggi, chiedendo conto e partecipazione, …) svariano spesso nell’alone del fantastico, dell’impossibile da cogliere in un senso univoco (in particolare nella trilogia de I nostri antenati). In questo modo Calvino afferma l’insussistenza della realtà oggettiva, che necessita dell’immaginazione e della fantasia per essere colta nella sua dimensione più vera (insieme straordinaria e plurale).
L’uso dell’immaginazione nella costruzione della realtà rimanda a grandi precedenti letterari: Ovidio, Ariosto e Voltaire. Questi sono gli autori cui Calvino fa riferimento nel suo incedere fantastico, aggiungendo però anche una dimensione grottesca, che rimanda ai quadri Brueghel e di Bosch.
Mescolando realtà e finzione, facendo accadere cose straordinarie e spesso impossibili all'interno di un contesto realistico, e allo stesso tempo sforzandosi sempre di essere plausibile ed esatto nella descrizione di mondi fantastici, Calvino implicitamente proclama la teoria della pluralità del reale. Ogni cosa nasconde una pluralità di significati, che possono essere investigati applicando la lente del fantastico, del metafisico, del surreale o del fiabesco.
L'esattezza del fantastico
RSI Cultura 16.03.2023, 11:20
I romanzi di Calvino descrivono una realtà che si presenta come un gioco di specchi. Realtà che si supera sempre in qualcosa d’altro, come se infiniti possibili si aprissero al di là di ciò che si vede. Supremo esempio di questa concezione si ha nel romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore, in cui Calvino mette in scena un lettore che cerca di leggere un libro ma viene continuamente interrotto e introdotto in altre storie (incessantemente sorgive ed inconcludenti). Anche fra le pagine della trilogia de I nostri antenati Calvino allude ad una realtà che custodisce una pluralità di significati: il visconte dimezzato, il barone rampante e il cavaliere inesistente incarnano infatti dei personaggi che fuggono del reale, svariando nel fantastico, nel visionario. In questo modo la realtà descritta acquista non solo intensità, ma anche leggerezza, sottraedosi al peso delle gravità e aprendosi all’umorismo, al grottesco e al surreale.
Impegno e fuga
Schierato con il Partito comunista sin dall’arruolamento nella divisione d’assalto “Garibaldi”, Calvino abbandona il PCI nel 1956, dopo la denuncia dei crimini di Stalin da parte di Nikita Kruscev. Calvino mantiene comunque una posizione critica nei confronti del capitalismo e dell'imperialismo, e sostiene la lotta per la libertà e la democrazia in molti paesi del mondo, tra cui Cuba e il Vietnam.
Se centrale nella sua produzione lettararia è il tema della fuga dalla realtà, non meno centrale è nella sua vita la critica al mondo capitalistico, alienante e privo di senso. Questo suo impegno all’interno della società civile è testimoniato da numerosi articoli che Calvino pubblica su riviste e giornali e che raccoglie nel libro La sfida al labirinto, libro in cui espreme le sue idee sulla letteratura e sul ruolo dell'intellettuale nella società.
Nella visione di Calvino il mondo capitalista è in preda al caos e all’entropia. Contro questa disintegrazione lo scrittore oppone le sue idee e si aggrappa all’esattezza della grammatica, che risponde a regole precise e immutabili.
Contro l’entropia, che fa degradare il mondo nel caos, Calvino oppone la forza della scrittura, che risponde a una forma precisa, a una precisa scelta lessicale, ed a una costruzione grammaticale ineludibile. Per questo la sua scrittura è quanto più esatta possibile, perché solo una scrittura esatta può opporsi allo sgretolamento del mondo e dell’individuo.
E così siamo tornati a bomba: leggerezza ed esattezza sono i corrispettivi di impegno e di fuga dalla realtà, due estremi che convivono non solo nel Calvino scrittore ma anche nella sua vita, una vita che dell’impegno ha fatto una bandiera, e della fuga una salvezza.