“Digiuno tutto il giorno e poi mangio la sera per cercare di dimagrire”.
“Ho sentito dire che il fasting fa bene alla salute”.
Quanto c’è di vero in queste affermazioni, quanto invece no? Lo abbiamo chiesto alla Dottoressa Monica Bossi, medico specialista in Medicina interna Generale, esperta in Nutrizione Funzionale, Medicina Funzionale, Antiaging e Nutraceutica e dirigente del primo Centro di Medicina Funzionale, di Precisione e Prevenzione a Stabio.
La dottoressa tende a precisare che, come in quasi tutte le cose che riguardano la salute, tutto deve essere applicato individualmente e non in senso generale, però è possibile anche estrapolare dei concetti che fanno di ciascun tipo di digiuno un intervento utile per la salute oppure no.
Digiuno: il significato
Per digiuno si intende un tempo di assenza di assunzione di cibo e si può digiunare sia dal cibo che dai liquidi. Praticare il digiuno fa sempre bene e fa sempre dimagrire? La risposta è: no!
Mentre la “restrizione calorica” (ovvero alzarsi da tavola con la sensazione di voler/riuscire a mangiare ancora qualcosa ma non farlo) è riconosciuta universalmente dalla letteratura scientifica come uno degli strumenti più efficaci per un invecchiamento in salute, il “non mangiare” non sempre è salutare per noi. A volte può favorire stati di appesantimento digestivo (gonfiore addominale, o acidità gastrica, o stipsi), stanchezza e scarsa resistenza allo stress e/o insonnia, o, addirittura blocchi metabolici e/o alterazioni del comportamento alimentare. L’atto di non mangiare infatti, a seconda degli orari di applicazione, della durata, e delle condizioni di base del soggetto che lo fa, comporta una risposta metabolica, ormonale e dei sistemi digestivi che può essere favorevole o sfavorevole alla salute.
Vediamolo nei dettagli.
Il digiuno dalla prospettiva metabolica
“Inevitabilmente digiunare, ovvero mangiare meno, fa dimagrire”.
In teoria questo è vero ma non sempre in pratica. E ciò dipende da alcuni fattori:
1. Se l’atto del digiuno non è controllato in senso nutrizionale del pasto precedente e di quello successivo (molto spesso si digiuna per un senso di “coscienza a posto” e poi si arriva al pasto successivo super affamati e con difficoltà a controllare la quantità) o in senso di tipologia stessa di digiuno (mantenendo o meno, per esempio, il tipo di bevanda giusta), non solo potrà non essere sufficiente a dimagrire, ma potrà addirittura favorire il blocco metabolico o la tendenza a ingrassare. Se la durata del digiuno è sufficiente, infatti, si “perde peso”, ma intaccando la massa muscolare. In questo caso, se il seguito del digiuno non sarà caratterizzato da un equilibrio nutrizionale adeguato in termini di fonti vitaminiche, minerali e soprattutto proteiche, l’effetto “yo-yo” sarà garantito!
2. In tutti i soggetti, ma particolarmente in quelli “costituzionalmente predisposti”, stare molte ore senza mangiare (durata soggettiva) porta a una risposta iperglicemizzante.
Digiunare per diverse ore, infatti, favorisce l’incremento di un ormone di risposta allo stato di stress percepito legato all’ipoglicemia, che è il cortisolo, ovvero l’ormone dello stress per eccellenza. Questo è un ormone salvavita, atto proprio a salvarci la vita in condizioni avvertite dalla nostra “centralina dello stress” (la ghiandola del cervello chiamata “ipofisi”) che, in questo caso, avverte uno stato di carestia e, per contro, attiva le scorte del nostro organismo che trasformano il glucosio depositato (glicogeno) in glucosio libero (ovvero “lo zucchero” di cui si nutre il cervello, i muscoli e tutti i nostri sistemi metabolici). Così facendo, il fisico ha in circolo la fonte primaria di energia (il glucosio) che serve per scappare, per reagire o per le funzioni salvavita.
Il problema, però, è che la risposta iperglicemizzante non sempre è favorevole:
- per abbassare la risposta iperglicemizzante si attiva il reclutamento dell’ormone pancreatico per eccellenza (l’insulina), uno degli ormoni più infiammatori che abbiamo. Va da sé che questo stato non è adatto di certo ai diabetici;
- la persistenza di valori alti di cortisolo contrasta totalmente il peso forma, incrementando il deposito di tessuto grasso a livello viscerale (addominale) e “mangiando” il muscolo!
Il digiuno dalla prospettiva “mentale”
Il digiuno fatto bene può essere un vero e proprio strumento di benessere mentale e di disassuefazione da dipendenze alimentari oltre che di stimolo detossinante per l’organismo.
Anche dalla prospettiva mentale, però, possono esserci delle controindicazioni: se avvertito come “fattore di stress”, questo atto si accompagna all’incremento di ormoni (come appunto il cortisolo) che paradossalmente aumentano la percezione di stress.
Lo stesso cortisolo, tipico dello stato di stress attivato, anche senza digiuni, in soggetti costituzionalmente predisposti nel corso della vita quotidiana, può essere infatti responsabile di aspetti come l’incremento della pressione arteriosa, l’insonnia, la scarsa tolleranza emotiva agli stressors (con irritabilità, irosità e scatti d’ira), e i blocchi metabolici.
“Saltare un pasto” può equivalere a digiunare, ma nel modo sbagliato
È tipico in chi vuole dimagrire, per esempio, saltare un pasto (tipicamente il pranzo), perché l’idea è quella di “consumare calorie”. Il risultato è, nella maggior parte dei casi, stressati dalla vita quotidiana, si arriva al pasto successivo mangiando il doppio o la cosa sbagliata (o per fame, o per stress) in ricerca compulsiva di serotonina (ovvero di cibi come i dolci e i “carboidrati bianchi” ovvero non integrali e per lo più lievitati) che dia senso di appagamento alla quotidianità stressante o anche solo impegnativa. Inoltre, dal punto di vista metabolico, saltare un pasto può voler dire, al pari di una macchina, tenere il motore sempre al minimo, senza mai consumare e bruciare (ovvero bloccare il metabolismo!): come sempre in questi casi è meglio mangiare, la cosa giusta, che evitare di mangiare!
Stare a digiuno può peggiorare, in alcuni soggetti, un eccesso di stimolazione digestiva in senso gastrico (iperacidità dello stomaco) o biliare (epatico). Questo accade in chi è predisposto o ha, al momento, problemi di iperacidità di base con o senza gastrite e sindrome da reflusso gastroesofageo, o in chi tende ad avere la così detta “sindrome della bile spessa” o il reflusso biliare (con gastriti che mimano quelle da iperacidità ma che sono derivate, all’opposto, da un eccesso di bile alcalina, ovvero basica; oppure con sintomatologie dispeptiche intestinali come il gonfiore addominale).
Chi soffre di quanto sopra, quasi sicuramente ne è al corrente, e quindi dovrà stare attento a:
- digiunare senza che questo peggiori la sintomatologia: in questo senso, evitare di non mangiare e bere per anche solo 3 ore, in molti casi;
- quando si digiuna, favorire una terapia fito, gemmoterapica o enzimatica di sostegno e ripristino della funzione digestiva più “offesa” di quel soggetto (non sempre, infatti, abbiamo a disposizione farmaci che aiutano a sorreggere o correggere una funzione; quasi sempre i farmaci, anche quelli più potenti ci aiutano nel problema-malattia, ma non nel momento di disfunzione ovvero quello antecedente la malattia di cui, tra l’altro, soffre la maggior parte della popolazione).
Quando e come digiunare?
Quasi mai il digiuno prolungato o non controllato, esclusivo o quello associato all’assunzione di adeguata quantità di liquidi porterà a dei benefici per la salute. Il digiuno non può essere una pratica da fare durante la frenesia della nostra vita quotidiana ma solo in momenti che ci “permettiamo” di prenderci, per l’attenzione verso di noi e per la necessità di “ricentrarci” sulle nostre esigenze e sui nostri ritmi (fisiologici e non eccessivi e condizionanti).
Per essere “funzionale alla salute” un digiuno dovrà:
1. “Calmare” la mente, usando cioè il digiuno come fonte di equilibrio invece che di stress. In questo senso sarebbe bene associare il digiuno a:
- pratiche di allenamento motorio ben definite come attività aerobica (ovvero che non porti ad incremento di valori pressori e/o di frequenza cardiaca eccessive), preferibilmente in mezzo alla natura o nel bosco, e che permetta il reclutamento di grandi massi muscolari (come il Nordic Walking, per esempio). Questo permetterà la produzione di ormoni di origine miocitica (muscolare) veri e propri toccasana per la salute mentale: come le endorfine e l’anandamide (da ananda, che in sanscrito significa felicità, con azione calmante mentale e cardiovascolare ma anche rasserenante). Anche pratiche di meditazione sono molto consigliate.
2. Rispettare la funzione digestiva. Per questo quasi sempre dovrà associarsi al contributo di fitoterapici mirati per lo stomaco, il fegato, o l’asse stomaco-fegato-intestino assunti sottoforma di semplici ma specifiche tisane o fitoestratti.
3. Essere fatto su misura. Ovvero, partendo dalla valutazione medica e nutrizionale di base del soggetto che verrà supportata nel cambiamento che si vuole ottenere (con un programma nutrizionale ad hoc successivo, e terapeutico integrato mirato nel mentre), sia questo dimagrante (raramente) o detossinante il fisico e la mente (la maggior parte delle volte).
In questa puntata de "Il giardino di Albert", Marco Pagani parla di digiuno con due ricercatori esperti sul tema: Mauro Frigeri, medico oncologo, e Valeria Galetti, ingegnere alimentare.
Studiare il digiuno: un approccio clinico
Il giardino di Albert 27.05.2021, 11:35
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