Anche quest’anno arriva il Veganuary, la sfida annuale promossa dall’omonima organizzazione internazionale no profit che, dal 2014, incoraggia persone di tutto il mondo ad abbracciare una dieta vegetale per 31 giorni, creando una rete atta a sostenere i partecipanti attraverso trucchi, ricette, consigli quotidiani e testimonial di grande spicco, per scoprire quanto possa essere semplice e gustosa, oltre che etica, una dieta vegana.
In Svizzera, insieme a Veganuary, è la Vegan Society Switzerland a sostenere questo progetto, così come il WWF. L’iniziativa non vuole avvicinarsi soltanto a persone che hanno a cuore l’etica animale, ma anche sensibilizzare il resto della popolazione, affinché ognuno apporti il proprio contributo a ridurre l’impatto ambientale attraverso la dieta individuale e le scelte alimentari.
I numeri riportati sul sito Veganuary.com testimoniano che nel 2024 l’organizzazione ha registrato una partecipazione record, con oltre 1,8 milioni di persone che hanno utilizzato le sue risorse gratuite per provare un’alimentazione vegana. Tuttavia, sondaggi condotti da YouGov in diversi paesi hanno suggerito che il numero reale di partecipanti potrebbe essere stato significativamente più alto. Basandosi su questi dati e sulle stime della popolazione, si è calcolato che circa 25 milioni di persone in tutto il mondo hanno scelto di adottare una dieta vegana nel gennaio 2024.
In Svizzera una dieta “standard”, senza particolari attenzioni, provoca in media il 16% delle emissioni di CO2? Al contrario, quella di una dieta vegetale ed equilibrata la riduce mediamente del 35-40% circa. Come afferma Raphael Neuburger, presidente della Vegan Society Svizzera: «I disastri climatici sempre più frequenti e diffusi fanno capire che non dobbiamo perdere tempo. Il consumo di prodotti animali è parte del problema e un fattore importante che possiamo influenzare direttamente con una dieta a base vegetale».
Veganuary
Fresco di Zona 07.01.2025, 12:00
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Veganesimo sì, ma con buonsenso
È vero, il nostro consumo di carne (e derivati) è responsabile di un quarto dell'inquinamento climatico di origine alimentare legato alle pratiche degli allevamenti intensivi, ma attenzione a fare di tutta l’erba un fascio e soprattutto attenzione all’industria anche in campo vegano.
Siamo sicuri che il cibo precotto o i preparati industriali, benché privi di derivati animali, siano più sostenibili di un buon formaggio locale che arriva da animali al pascolo o di un bel cestino di uova deposte da galline allevate all’aperto libere di razzolare ciò che trovano in natura?
Tutti concordiamo sul fatto che dobbiamo limitare fortemente gli attuali consumi di carne e di prodotti animali, potenziando una dieta a base vegetale, ma una dieta vegana è davvero la panacea di tutti i mali? La risposta è no, soprattutto se la dieta in oggetto è fatta senza consapevolezza.
Qualche anno fa il quotidiano britannico “The Guardian” ha lanciato una provocazione titolando un editoriale: «Se vuoi salvare il mondo, il veganesimo non è la risposta». L’autrice dell’articolo, la giornalista inglese Isabella Tree, spiegava come, secondo lei, bisognerebbe incoraggiare metodi di allevamento sostenibili - come quelli basati su sistemi di rotazione e tradizionali - anziché farsi sedurre da prodotti a base di soia, mais e cereali industriali.
Secondo la Tree, infatti, «Invece di demonizzare forme sostenibili di allevamento del bestiame che permettono di ripristinare la fertilità dei terreni e conservare la biodiversità, si dovrebbero mettere in discussione tutte quelle colture intensive che richiedono alti apporti di fertilizzanti, fungicidi, pesticidi ed erbicidi. Molto spesso – continua – si sente parlare dell’inquinamento legato all’allevamento e alla produzione di carne, mentre raramente di quello legato alle colture e monocolture intensive».
Attenzione, dunque, anche ai prodotti vegetali, soprattutto se ultraprocessati o derivanti da colture non amiche dell’ambiente e della salute. È un gatto che si morde la coda? Forse, ma sicuramente certe iniziative come il Veganuary, se fatte con cognizione di causa e buon senso, servono a sensibilizzare anche chi non ha intenzione di diventare vegano, ma vuole dare un contributo all’ambiente e migliorare la salute. Avendo cura di diminuire – non per forza di eliminare – l’uso di prodotti animali e di scegliere accuratamente la provenienza degli stessi, non aiuta solo l’ambiente, ma anche la salute.
Quando mangiamo vegano senza accorgercene: i piatti “naturalmente” vegani
Mangiare vegano, dunque, è una buona idea, soprattutto se i piatti li si prepara con ingredienti di qualità e controllati e senza andare lontano. Tantissime preparazioni della nostra cultura gastronomica, infatti, sono basate su ingredienti vegetali, visto che la carne, storicamente, era una derrata costosa e scarseggiante. Zuppe di cereali e legumi, mille sughi a base di conserve vegetali o passate di pomodoro per le nostre paste, pesti, lasagne alternative, minestroni, paste e fagioli, pasta e ceci, maluns, polenta e funghi; ma anche piatti tipici della dieta mediterranea come spaghetti pomodoro e basilico, l’intramontabile aglio, olio e peperoncino, pappa al pomodoro, farinate, pane e panelle siciliane, le ribollite toscane, per non parlare delle tante ricette che ci propone la cucina etnica, tra piatti mediorientali, indiani e asiatici: falafel, hummus, involtini primavera, samosa, zuppe di miso o ramen vegetali.
Con la fantasia, poi, si possono creare tante alternative sostituendo semplicemente la carne con vegetali o legumi come ceci o lenticchie, senza bisogno di ricorrere a cibi pronti e preconfezionati. Un esempio semplicissimo è il ragù di lenticchie per la pasta.
Insomma, bando ai surrogati e dedichiamoci ai fornelli!
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