Ritratto

La complessa figura di Pierre de Coubertin

Il fondatore delle Olimpiadi moderne tra posizioni umaniste e visionarie e altre misogine e reazionarie

  • 26 luglio, 06:00
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Il barone Pierre de Coubertin immortalato nel 1937 a Losanna

  • Keystone
Di: Stéphanie Jaquet (RTS)/sf 

Il barone Pierre de Coubertin è conosciuto come il padre delle Olimpiadi moderne, ma la sua figura è complessa e divide, come sottolinea il ritratto della RTS. Nato a Parigi il primo gennaio 1863 è al contempo un umanista e visionario, così come un misogino, colonialista e reazionario.

Far rinascere i Giochi dell’antichità

In giovane età, de Coubertin intraprese una crociata per lo sport a scuola, sul modello di ciò che aveva osservato in Inghilterra. A 25 anni è uno dei leader della riforma educativa in Francia, ma in un Paese dove l’attività fisica è ampiamente denigrata dalla classe intellettuale, fallisce.  Fu allora che pensò di proporre al mondo intero di restaurare in Grecia i Giochi olimpici, abbandonati alla fine del IV secolo.

Il 23 ottobre 1894, nell’anfiteatro della Sorbona gremito di duemila persone, pone le basi dell’opera della sua vita: fa adottare il principio di una rinascita dei Giochi il 1896 ad Atene, introducendo discipline moderne e soprattutto proponendo che l’evento fosse itinerante, contro la volontà della Grecia.

Lega anche i Giochi al movimento internazionale per la pace e stila i celebri “valori olimpici”, rispetto dell’avversario, lealtà e universalità, in parte presi in prestito dai codici dell’aristocrazia del suo tempo.

In un discorso del 1936, il barone afferma che “la caratteristica principale dell’olimpismo antico, così come di quello moderno, è quello di essere una religione”. La definisce religio athletae, o “religione muscolare”. Chiarisce poi il suoi pensiero in questi termini: “Cesellando il corpo con l’esercizio, come lo scultore fa con una statua, l’atleta antico onora gli dei. Facendo lo stesso, l’atleta moderno esalta la patria, la sua razza, la sua bandiera”. Infine evoca un “sentimento religioso trasformato e ampliato dall’internazionalismo e dalla democrazia che contraddistinguono i tempi attuali”.

L’ammirazione per i Giochi di Berlino del 1936

Emerge però anche un altro lato di de Coubertin, favorevole alla colonizzazione e convinto della superiorità della “razza bianca”. Dopo la sua morte fu però criticato soprattutto per la sua grande ammirazione della grandiosa organizzazione dei Giochi di Berlino del 1936 da parte del regime nazista.

Un entusiasmo, spiega la sua discendente Diane de Navacelle, nato dal vedere per la prima volta un Paese mettere in campo mezzi eccezionali per organizzare le Olimpiadi, che vede come il coronamento dell’opera della sua vita.

Morto l’anno successivo, bisogna inserire la sua figura nel contesto storico, secondo lo storico dello sport dell’Università di Losanna Patrick Clastres, ma anche ai suoi tempi, de Coubertin non è mai stato un progressista e su alcuni temi era piuttosto reazionario, o in ogni caso conservatore.

Contro le donne alle Olimpiadi

Un altro punto su cui de Coubertin è ben lontano dalle sensibilità odierne, è la partecipazione delle donne agli sport. Non voleva le donne degli stadi e riteneva un’olimpiade femminile “ininteressante, inestetica e incorretta”.

Una posizione inammissibile? Non all’epoca, secondo Diane de Navacelle, che ricorda come nel 1920 le donne non avessero diritto di voto, fossero sottomesse ai mariti, senza autonomia finanziaria, infagottate da vestiti e corsetti, e con i medici che assicuravano che lo sport rischiava di impedire loro di avere dei figli.

Una figura a cavallo tra epoche

Ritiratosi dal Comitato internazionale olimpico nel 1925, dopo essere riuscito a riportare le Olimpiadi a Parigi l’anno precedente, de Coubertin venne poco a poco dimenticato e morì nell’anonimato e nell’indigenza, dopo aver sperperato la sua fortuna personale, nel 1937a Ginevra. Chiese che il suo corpo riposasse a Losanna, ma che il suo cuore fosse trasportato a Olimpia, sul sito dei Giochi dell’antichità.

Personaggio a cavallo tra epoche, difese valori umanisti, ma fu anche misogino, favorevole alla colonizzazione e vicino ad alcune posizioni del regime nazista, morto troppo presto per essere coinvolto nell’obbrobrio, ma troppo tardi per essere assolto da pesanti connivenze, come riassume il suo biografo Daniel Bermond.

L’articolo originale è stato pubblicato da RTS e tradotto dalla redazione di “dialogo”, un’offerta della SSR che propone contenuti da tutta la Svizzera tradotti in tutte le lingue nazionali e in inglese, oltre a uno spazio di dibattito, anche questo tradotto e moderato.

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