“Il governo di Netanyahu, con la sua politica di estrema destra, ha spaccato sia il paese sia gran parte dei militari israeliani, che hanno scelto di non servire più il governo”. A dirlo è Peter Regli, che in passato ha diretto il gruppo del servizio di informazione della Confederazione elvetica. Divisionario in pensione, Peter Regli segue con interesse gli sviluppi in Medio Oriente: la RSI ha chiesto il suo punto di vista in qualità di ex-operativo nelle forze di intelligence.
L’intervista a Peter Regli, ex capo del servizio d’informazione svizzero
RSI Info 19.10.2023, 19:35
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Signor Regli, lei come divisionario è stato a capo del gruppo del servizio di informazione della Confederazione elvetica, il vertice dell’intelligence svizzera. Che idea si è fatto dell’attacco di Hamas del 7 ottobre? Secondo lei, cosa ha sbagliato Israele?
“Il problema principale che abbiamo subito constatato il 7 ottobre è che la raccolta di informazioni, la prima linea di difesa di ogni paese, non ha funzionato, sia da parte del Mossad sia da parte dello Shin Bet. Oggi lo ammettono i capi stessi; nei media israeliani dicono che loro hanno mancato il momento critico, come l’hanno fatto il 6 ottobre 1973, quando c’è stato l’attacco dei paesi arabi contro Israele (l’inizio della guerra dello Yom Kippur, ndr.)“.
Su questo punto lei si è fatto un’idea di quali errori hanno commesso? Cosa dobbiamo immaginarci?
“Non c’è una sola risposta: ci sono diversi fattori, che emergono man mano che passa il tempo. Un punto è certamente che il governo israeliano sotto Benjamin Netanyahu, con la sua politica di destra estrema, ha spaccato il paese e ha diviso la popolazione in modo tale che una gran parte dei militari israeliani hanno detto ‘noi non serviremo più sotto questo primo ministro, sotto questo governo’. D’altra parte, i sistemi di sicurezza sono stati migliorati, modernizzati con quel famoso muro di 65 chilometri attorno a Gaza. Un muro composto di elementi fissi, di ferri, di porte, di filo spinato, ma soprattutto anche di informatica, di sorveglianza informatica, di telecamere, eccetera. Con il supporto dell’Iran sembra adesso che Hamas sia riuscito a eliminare tutto questo sistema di sicurezza: sia con la guerra in internet, sia con piccoli droni che hanno distrutto quelle torri di osservazione con le telecamere, sia con elementi del genio che hanno distrutto il muro stesso. In questo modo sono entrati nello Stato ebraico la mattina alle 06:30 attaccando i kibbutz, usufruendo di questa apertura del muro”.
Vorrei tornare su un punto, adesso ha alluso a possibili legami con attori esterni. In molti hanno pensato a questa possibilità, specialmente vedendo l’attacco aereo sferrato con questi parapendii motorizzati. È difficile preparare un’operazione del genere sul territorio di Gaza senza essere visti. Lei pensa che questi addestramenti siano stati fuori da Gaza?
“Certamente si sono svolti fuori. Questo vale naturalmente anche per Hezbollah, il movimento terrorista che si trova in Libano. Gli Hezbollah e Hamas sono dipendenti dell’Iran: devo ricordare che la meta strategica dell’Iran e di questi due movimenti terroristi è di eliminare lo Stato di Israele. E a questo fine hanno naturalmente cominciato a istruire le loro truppe, i loro volontari. In questo ambito naturalmente ci sono anche stati dei campi di volo dove hanno insegnato a questi giovani a volare, a pilotare quei mezzi che conosciamo oggi che sono stati utilizzati anche il 7 ottobre. Lei ha ragione: questi allenamenti a Gaza sarebbero dovuti saltare all’occhio alla ricognizione aerea israeliana. E da parte mia non so spiegare perché questo non sia successo”.
Lei ha collaborato con i servizi di intelligence israeliano? Che idea si è fatto?
“Certo, ho potuto dirigere il servizio svizzero per dieci anni. E dicevo sempre, anche apertamente, che per me il servizio segreto più professionista, con più esperienza è il Mossad. Il Mossad è il servizio estero mentre lo Shin Bet è il servizio interno, come da noi sarebbe la polizia federale. E loro hanno sempre fatto un eccellente lavoro, soprattutto contro il terrorismo islamista che è sempre esistito, da anni, non soltanto dall’undici settembre 2001. Adesso a maggior ragione tutto il mondo dei servizi segreti ha motivo di essere molto sorpreso di questa disfatta dell’intelligence israeliana”.
Peter Regli
Lo Stato ebraico ha promesso una risposta piuttosto muscolare dopo l’attacco di Hamas, una risposta che attualmente tarda ad arrivare... Lei cosa farebbe?
“Guardi, è una domanda molto difficile. Da una parte abbiamo Hamas, questo movimento totalitario, che non conosce regole, che se ne frega delle regole del gioco per così dire internazionali, per non parlare della Carta delle Nazioni Unite, dei diritti umani. Dall’altra parte abbiamo una democrazia. Israele è l’unica democrazia nel Medio Oriente. Se è una democrazia, si basa sulle convenzioni internazionali e anche sui diritti umani. Israele si è reso conto che attaccando sempre di più Gaza con tutte le vittime civili, causa un odio ancora molto più profondo nei paesi arabi ma anche nella migrazione araba musulmana in Europa, come abbiamo visto nelle grandi città europee. Per questa ragione penso che, anche dopo la visita del Presidente statunitense Biden, lo Stato maggiore generale delle forze israeliane debba riconsiderare i piani d’azione. Come secondo punto, ritengo che i servizi segreti adesso debbano lavorare e cercare di individuare il luogo dove si trovano questi 200 ostaggi israeliani e stranieri. Poi l’interesse più grande è riservato ai capi di Hamas che si nascondono in queste centinaia di chilometri di tunnel sotto Gaza. A mio parere questa operazione terrestre, della quale si parla già da diversi giorni, è stata ritardata per il fatto che non hanno ancora abbastanza informazioni di intelligence”.
La Striscia di Gaza
Inoltre Hamas non fornisce facili obiettivi militari, nel senso che è fortemente integrato nella città di Gaza e le sue strutture si fondono e si mescolano con quelle civili...
“Hamas disprezza la propria popolazione: l’organizzazione è installata con le armi, con i razzi, con i posti di comando nell’infrastruttura civile. E lo fa apposta, perché sa che se l’aeronautica israeliana attacca il loro posto di comando è al sicuro, in cantina, a dieci, quindici metri sotto la casa. Nel medesimo tempo i colpi israeliani colpiranno le persone civili che abitano nei piani superiori e in questo modo parte dell’opinione pubblica, soprattutto araba islamica, si schiererà con Hamas. C’è una strategia dietro. Israele deve correre dei rischi e per questo ogni volta che l’aeronautica israeliana pianifica di attaccare un quartiere richiede alla popolazione ufficialmente di partire, di lasciare le case, per poi poter intervenire con gli armamenti”.
Vorrei ancora insistere su questo punto. Alcuni osservatori sostengono che gli Stati Uniti dovrebbero fare di più per sensibilizzare Israele sull’uso proporzionato della forza...
“Quando Biden stava arrivando in Israele, c’è stata l’esplosione che ha provocato la morte di moltissimi civili vicino all’ospedale. Biden era già in volo e - come abbiamo visto nei reportage della televisione anche israeliana - questo incontro con Netanyahu non è stato molto caloroso. Per Biden in fondo è stato imbarazzante dover fare visita a Israele durante la guerra, considerando anche che è stata la prima volta che un presidente americano visita Israele in guerra. Io penso che Biden abbia parlato chiaro con Benjamin Netanyahu: ha detto a Netanyahu di aspettare con l’invasione, di non invadere più Gaza. Questo è certamente uno degli obiettivi degli Stati Uniti, perché l’invasione di Gaza ai tempi è stata una catastrofe, una carneficina da ambo le parti. Sono convinto che la visita di ieri, che è durata otto ore, ha veramente cambiato i piani strategici di Netanyahu”.
Ha toccato il punto del bombardamento all’ospedale. Vuole sbilanciarsi? Lei cosa pensa? Pensa sia credibile un attacco israeliano?
“Per me la situazione è chiara: Israele non attaccherebbe mai un ospedale che non è evacuato. Le prove che adesso l’intelligence israeliana fornisce - con l’aiuto dell’intelligence americana, che è supportata con satelliti e altri mezzi – dipingono una situazione chiara. Sembra essere un missile di Hamas, del Jihad islamico lanciato dietro il cimitero che è vicino all’ospedale. Questo missile è partito e non ha funzionato. È esploso in aria e sembra che la testa esplosiva del missile sia atterrata su quel parcheggio appena fuori dell’ospedale e ha causato quella catastrofe che abbiamo visto tutti nei media”.
Ospedale distrutto, Israele e Hamas si accusano a vicenda
Telegiornale 18.10.2023, 20:35
Lei pensa che questo conflitto possa diventare qualcosa di più grande?
“Come diciamo spesso nel nostro mestiere si parla della possibilità e della probabilità. La possibilità esiste, soprattutto a causa della minaccia dell’Iran. L’Iran ha detto agli israeliani: “Se voi entrate con le vostre truppe a Gaza, noi apriamo un fronte al nord di Israele”. Questo significa che l’Iran direbbe a Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah in Libano, di aprire un fronte contro Israele. In questo modo, naturalmente, gli israeliani dovrebbero prendere una parte delle truppe - che sono adesso in giro a Gaza - per portarle al nord per difendersi contro una possibile invasione di Hezbollah”.
“D’altra parte, si dice che Hezbollah non ha per niente interesse di battersi con Israele. Questo perché il Libano è in una situazione nazionale catastrofica, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista della sicurezza. Adesso questa minaccia rimane; dipende da come si comporteranno gli iraniani, perché hanno un interesse a mettere Israele estremamente sotto pressione, con l’obiettivo strategico di poter eliminare Israele dalla carta geografica”.
Carri armati israeliani al confine con Gaza
Tornando invece in Svizzera, la Confederazione potrebbe fare di più?
“La Svizzera non può fare di più in questo ambito. Soprattutto perché nella situazione in Ucraina la Svizzera si è dichiarata neutrale*. In una situazione in cui c’è un aggressore e una vittima, se una nazione si dichiara neutrale prende automaticamente le parti dell’aggressore, la Russia in questo caso. A mio parere, grazie ai contatti che ho all’estero, la Svizzera è isolata, ha perso la sua credibilità e in questo modo non avrà mai influsso su questo scenario”.
La ringrazio molto per le sue considerazioni Signor Regli, le chiedo però se vuole aggiungere altro…
“Sì, vorrei aggiungere che sia il popolo palestinese sia il popolo israeliano hanno un desiderio: che ci sia la pace e la sicurezza. Nell’ambito di questo conflitto, che è molto serio per tutta la regione, chiedo a tutti quelli che ci leggeranno di fare sempre la differenza, la separazione tra il popolo palestinese e Hamas, che è un governo terrorista anche verso il suo popolo. Dall’altra parte anche il popolo israeliano e il governo di Benjamin Netanyahu non sono la stessa cosa. Non dobbiamo condannare israeliani e palestinesi senza fare la differenza con chi li governa”.
Joe Biden in Israele
Telegiornale 18.10.2023, 20:35
* La Svizzera ha adottato le sanzioni europee contro la Russia ma non ha mai fornito materiale militare e ha sempre negato il permesso di riesportazione, in virtù della neutralità