Gli occhi del mondo sono rivolti in questi giorni alla Striscia di Gaza, dove oltre due milioni di palestinesi stanno pagando le conseguenze dell’attacco omicida lanciato da Hamas contro Israele e dell’assedio di rappresaglia, contrario al diritto internazionale, deciso dalla Stato ebraico.
Enclave palestinese incuneata tra il Mediterraneo, Israele e l’Egitto, la Striscia di Gaza è una polveriera nel cuore del Medio Oriente. Le vicissitudini di questo fazzoletto di terra lungo una cinquantina e largo una decina di chilometri durano da decenni. Ecco una breve cronistoria.
Dalla creazione dello Stato di Israele alla prima Intifada
Dopo la creazione dello Stato di Israele, nel 1948, centinaia di migliaia di palestinesi fuggono o sono scacciati. Di loro, circa 170’000 trovano rifugio nei campi profughi messi sotto il controllo dell’Egitto e allestiti nella Striscia di Gaza.
Nel 1967 scoppia la Guerra dei sei giorni: Israele la vince e si espande su altri territori. Le condizioni di vita nel corso degli anni si deteriorano e nel 1987 i giovani palestinesi insorgono. È l’inizio della prima Intifada, in arabo la “rivolta”, che si accende nel campo profughi di Jabaliya, a nord di Gaza. Da lì si estende attraverso tutta la Striscia – allora controllata da Israele –, la Cisgiordania e Gerusalemme Est.
La sollevazione di massa contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi prosegue. Dura ben sei anni, fino al 1993. Israele conta 160 morti (100 civili e 60 militari), mentre i morti fra i palestinesi sono oltre 2’000 (tra i quali oltre 200 i bambini): di questi poco più di 1’000 uccisi da soldati israeliani, 75 da civili israeliani e 1’000 da altri palestinesi nell’ambito di vari attacchi, anche suicidi.
Una foto scattata nel dicembre del 1987
Gli accordi di Oslo
Il conflitto sfocia in una serie di negoziati che portano, nel 1993, alla firma degli accordi di pace di Oslo.
Shalom, Salam: quella del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin e del presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina Yasser Arafat che si stringono la mano è un’immagine che fino a poche settimane prima era impensabile.
Gli accordi danno all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) il controllo amministrativo dei territori palestinesi: dovrebbero essere i prodromi alla creazione di un vero e proprio Stato indipendente, che non si è però mai del tutto realizzato. Il Governo è guidato dallo stesso Arafat che riceve un’accoglienza da eroe a Gaza, entrando per la prima volta nella Striscia senza essere controllato dai soldati israeliani.
Hamas, il braccio armato dei Fratelli Musulmani, è però ostile alla pace e provoca in Israele un’ondata di attacchi, anche suicidi, organizzati proprio da Gaza, dove l’organizzazione trova terreno fertile per la sua espansione.
Nel 2005, il Governo israeliano dispone l’evacuazione della popolazione negli insediamenti israeliani dalla Striscia e lo smantellamento delle colonie. È l’inizio del disimpegno dello Stato ebraico.
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Nessuna pace a 30 anni dagli accordi di Oslo
RSI Info 15.09.2023, 16:51
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Gli scontri Hamas-Fatah
Il partito al-Fatah, di cui lead fu proprio Arafat, vince le elezioni politiche del 2005, governando quindi anche nella Striscia di Gaza. Dopo circa due anni vengono indette nuove elezioni palestinesi: a vincerle questa volta è Hamas, che insieme ad altri gruppi affiliati ottiene circa il 44% dei suffragi, mentre Fatah si ferma al 41%.
I militanti di Hamas entrano in Parlamento, che si tinge del colore del movimento nazionalista e islamico-radicale palestinese. Per molti palestinesi, Hamas è una cura contro la corruzione che inficia l’operato dell’ANP.
I partiti non trovano un compromesso e seguono così violenti scontri. A Gaza, fra le principali basi elettorali di Hamas, si contano oltre un centinaio di morti. Nel giugno del 2007, Hamas conquista con la forza la sede dell’ANP, arrivando di fatto al controllo dell’intera Striscia.
Inizia così una nuova fase dello scontro tra Hamas e Israele, con quest’ultimo che impone un embargo verso Gaza e lancia azioni militari mirate per liquidare esponenti palestinesi giudicati pericolosi per lo Stato ebraico. Operazioni che, tuttavia, causano anche moltissimi morti tra la popolazione civile. Hamas risponde per parte sua con il lancio di razzi e tiri di mortaio.
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Operazione Inverno caldo
Israele lancia così l’Operazione Inverno caldo: un’operazione militare nella Striscia che dura pochi giorni, dal 28 febbraio al 3 marzo 2008, ma che causa una dozzina di morti fra gli israeliani e oltre un centinaio fra i fondamentalisti di Hamas e la popolazione civile palestinese.
L’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, parlò di “uso sproporzionato della forza” da parte di Israele, denunciando allo stesso tempo il continuo lancio di razzi verso le città israeliane di Sderot e Ashkelon.
Nonostante una tregua, le azioni bellicose continuano. Dichiarando di voler ripristinare la sicurezza di zone dello Stato di Israele, minacciate dai lanci di razzi di Hamas, il 27 dicembre 2008 i vertici politici israeliani lanciano così l’operazione Piombo fuso, con bombardamenti aerei sulla Striscia, prima, e poi invadendo l’enclave, per colpire le postazioni di lancio dei razzi artigianali Qassam.
Operazione Piombo fuso
L’operazione dura fino al 17 gennaio del 2009. I morti fra gli israeliani, militari e civili, sono una decina, mentre fra i palestinesi si contano in tutto fino a 1’400 morti, moltissimi delle quali fra i civili.
Dopo il ritiro israeliano il territorio torna sotto il controllo diretto di Hamas e del suo braccio militare, le Brigate Ezzedin al-Qassam.
Nell’aprile 2014 Fatah e Hamas siglano a Gaza degli accordi per il ritorno al voto in tutti i territori controllati dall’ANP, organizzando le elezioni per l’ottobre successivo. In luglio gli israeliani lanciano l’Operazione Margine di protezione per distruggere i tunnel clandestini verso il loro Paese e solo il 28 agosto viene dichiarato il cessate il fuoco da entrambe le parti. Le consultazioni elettorali vengono poi rinviate a tempo indeterminato.
Le truppe israeliane entrano nella Striscia
L’operazione Al-Aqsa e la rappresaglia israeliana
Quello che è successo negli ultimi giorni è ormai sulla bocca di tutti: da Gaza parte l’offensiva militare di Hamas, iniziata il 7 ottobre 2023 con l’”Operazione alluvione Al-Aqsa”, che si sviluppa anche all’interno dei confini israeliani. A morire sono oltre 1’400 israeliani, per la maggior parte civili, molti dei quali uccisi casa per casa, mentre i morti a Gaza sono finora circa 3’000.
La situazione in questo fazzoletto di terra si fa sempre più catastrofica: qui vivono oltre 2 milioni di persone e di queste, centinaia di migliaia sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari internazionali.
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