Il procuratore Robert Hur ha reso noto giovedì di aver rinunciato a incriminare Biden per “aver conservato e divulgato materiali riservati dopo la sua vicepresidenza, quando era un privato cittadino”. Ma a far discutere sono soprattutto le osservazioni contenute nel suo rapporto di 388 pagine, dove si fa riferimento all’età avanzata e alla labile memoria del presidente in carica. Biden, che nei giorni scorsi aveva confuso il presidente francese Emmanuel Macron con il defunto François Mitterand, ha risposto in una conferenza stampa garantendo di sapere quello che sta facendo, per poi incappare in una nuova svista chiamando al Sisi il capo di Stato messicano, mentre si tratta di quello egiziano. Come leggere le conseguenze per Biden del rapporto di Hur? Quali possono essere le opzioni per i democratici? Così risponde Mario Del Pero, esperto di Stati Uniti, professore a Sciences-po a Parigi:
“Si tratta indubbiamente di una catastrofe dal punto di vista della comunicazione in prospettiva del voto di novembre. Che Biden sia un uomo visibilmente affaticato e non sempre lucido è chiaro, lo mostrano anche le sue conferenze stampa, nelle quali oramai le interazioni con i giornalisti sono ridotte al minimo o addirittura azzerate perché fa fatica a interloquire. Purtroppo ha deciso di ricandidarsi. La chance, forse, per uscire di scena con grande dignità, era dopo il voto del Midterm del 2022, un ottimo risultato elettorale che seguiva dei grandi successi legislativi. Ha voluto ricandidarsi per completare l’opera, cosa che i presidenti tendenzialmente fanno. Ma presidenti così anziani non ne abbiamo mai avuti. E ora i democratici si trovano in una condizione a tutti gli effetti molto difficile e molto complicata perché è un elemento di fragilità, fragilità che a cui l’elettorato presta attenzione”.
Quali sono a questo punto le opzioni che ha il Partito Democratico? Troppo tardi sostituire Biden nella corsa alla Casa Bianca?
“Le due alternative sarebbero state quella di uscire di scena e permettere un ciclo di primarie che sceglie un nuovo candidato, oppure l’alternativa naturale che esiste anche in questo momento sarebbe far candidare la vicepresidente Kamala Harris, che però è figura a sua volta per tutta una serie di ragioni molto debole, molto impopolare, che non piace, quindi aggiunge debolezza a debolezza. Rimane aperta una la terza strada, per quanto non molto realistica, che è quella di andare a una convention aperta in cui i delegati dei vari Stati scelgono un’alternativa a Biden, come avveniva una volta, prima delle primarie dirette, diciamo così. E quella è una strada che potrebbe essere percorsa nel caso la situazione diventasse ingestibile.”
La vicepresidente Kamala Harris
Difficile immaginare un nuovo mandato completo di quattro anni per Biden, ammesso che riesca a vincere, cosa forse sempre più complicata...
“La risorsa primaria che Biden e i democratici hanno è l’avversario. Trump spaventa, preoccupa e quindi porta tanti a votare, anche controvoglia, nonostante queste perplessità verso la ricandidatura di Biden o verso la Harris come vicepresidente. Si fa fatica poi a immaginare un secondo mandato di altri quattro anni di questo presidente affaticato non sempre lucido - ci dicono ora i rapporti - sulla sua vicenda relativa ai documenti che aveva erroneamente portato a casa, e con mancanze di memoria abbastanza forti. Ecco, è davvero immaginabile pensare che possa fare altri quattro anni pieni? Nel caso si potrebbe dimettere, far da parte e lasciare spazio alla vicepresidente che subentrerebbe”.