La Svizzera ha chiuso la propria ambasciata a Khartum, in Sudan, dopo che il personale e i loro famigliari sono stati evacuati e messi al sicuro.
Lo ha annunciato su Twitter il consigliere federale Ignazio Cassis. Il titolare del Dipartimento degli affari esteri ha ringraziato in particolare la Francia per l'aiuto fornito nell'evacuare i cittadini svizzeri dal Sudan. Il Paese africano è devastato dalla guerra scoppiata una decina di giorni fra tra l'esercito guidato dal presidente, il generale Abdel Fattah al Burhan, e la forza di sicurezza indipendente Rapid Support Forces del vicecapo del Sovrano Consiglio al governo, generale Mohamed Hamdan Dagalo.
L'annuncio di Ignazio Cassis è arrivato al termine di una concitata domenica durante la quale numerosi Stati (dagli Stati Uniti alla Francia, passando per l'Italia) sono riusciti a evacuare le proprie rappresentanze e a far uscire dal Sudan i propri concittadini desiderosi di lasciare il Paese, dopo che sabato vi era stata l'operazione da parte dell'Arabia Saudita. La maggior parte degli interventi sono avvenuti tramite voli da e per Gibuti dove ci sono basi militari di Francia, Stati Uniti, Giappone, Germania, Arabia Saudita, Spagna, Cina e Italia hanno proprie basi militari.
L'edificio che ospita la rappresentanza diplomatica svizzera in Sudan e Eritrea si trova poco distante dall'aeroporto di Khartum. A separarla dalla pista sono poche centinaia di metri e Africa Street. Il Dipartimento federale degli affari esteri nei giorni scorsi aveva fatto sapere che i dipendenti sono stati confinati nelle loro case. Alcune loro abitazioni sono state danneggiate. Due persone sono in viaggio verso l'Etiopia, le altre sono state evacuate a Gibuti grazie al sostegno della Francia.
I cittadini svizzeri possono rivolgersi alla Helpline del DFAE (+41 800 24-7-365 / +41 58 465 33 33). Le informazioni che evolvono in base alla situazione in loco sono pubblicate anche su Internet.
Stando al DFAE, sono circa un centinaio i cittadini svizzeri in Sudan. Serge Bavaud, capo della gestione delle crisi presso il DFAE, in un incontro con i media venerdì a Berna, aveva precisato che la Confederazione non ritiene che tutti siano intenzionati a fare le valigie, anzi. Molti di essi hanno la loro vita in Sudan e alcuni hanno la doppia cittadinanza.
Fino a venerdì solo una decina di persone aveva in effetti espresso la volontà di andarsene.
La Svizzera ha chiuso la propria ambasciata a Khartum
L'ambasciatore dell'UE in Sudan, a differenza di molti altri diplomatici, rimarrà nel Paese nonostante i combattimenti. Il personale della missione nella capitale Khartoum, colpita da pesanti combattimenti, sarà evacuato, ha scritto domenica sera sempre su Twitter il capo degli Affari esteri dell'UE Josep Borrell. L'ambasciatore dell'UE Aidan O'Hara, attaccato poco dopo lo scoppio dei combattimenti più di una settimana fa, continuerà a lavorare dal Sudan. Borrell ha inoltre scritto di essere "sollevato" dal fatto che l'evacuazione sia stata possibile grazie all'aiuto del servizio diplomatico francese, dell'esercito francese e del vicino Stato di Gibuti. "Restiamo impegnati a far tacere le armi e ad aiutare tutti i civili che sono rimasti indietro".
Nella giornata di domenica anche il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, aveva annunciato il trasferimento di cittadini svizzeri con mezzi aerei militari italiani. Tra chi ha deciso di lasciare il Sudan con il convoglio organizzato dall'ambasciata italiana figurano anche sette membri dello staff di Emergency. L'ha fatto sapere la stessa ONG aggiungendo che altri 46 propri operatori internazionali (di cui 38 italiani) restano per garantire le attività a Khartum, nel Sud Darfur e a Port Sudan. "Proseguiamo attività anche se ridotte, non possiamo lasciare i pazienti", scrive l'organizzazione presente in Sudan con il Centro Salam di cardiochirurgia e con tre centri pediatrici dove offre cure gratuite ai minori di 14 anni.