Mondo

Come convivere col terrorismo

Lo scrittore israeliano Assaf Gavron alla RSI: "Non bisogna cambiare la propria routine. Anche l'umorismo può aiutare"

  • 27 luglio 2016, 06:13
  • 4 settembre 2023, 15:22
Gavron ha vinto il premio Bernstein con "La collina"

Gavron ha vinto il premio Bernstein con "La collina"

  • moty kikayon

Assaf Gavron, 48 anni, scrittore israeliano, è l'autore di sette romanzi dove racconta, con humor nero, la vita quotidiana in Israele. Fra questi, i più noti sono "La mia storia, la tua storia" e "La collina". Gli attentati fanno parte della sua vita sin da quando era bambino. Aveva nove anni, racconta, "quando un mio compagno di scuola, più grande di me, fu una delle 35 vittime di un attacco dell'OLP a un autobus sulla strada costiera a nord di Tel Aviv". E da allora, "il terrorismo ha rappresentato una costante nella mia vita che ha raggiunto il suo picco durante la seconda Intifada del 2000-2004, quando le bombe suicide erano quotidiane".

Gli attacchi a Bruxelles, Nizza e Monaco ci mostrano - ancora una volta - quanto siamo impotenti di fronte a questo tipo di terrorismo. Questo perché gli obbiettivi possibili sono infiniti. Dire che “non dobbiamo cedere alla paura”, è come ammettere di avere paura. In Europa però non ci siamo abituati…
"Contro la paura non c'è molto da fare; ma si tratta di un'emozione personale e ognuno reagisce in maniera diversa. E' però utile sapere che, anche dopo i recenti attacchi, le possibilità di trovarsi in un luogo teatro di un attentato, sono davvero molto esigue. Decisamente minori di quelle di essere coinvolti in uno scontro tra automobili, per esempio, o in un altro tipo di incidente. Inoltre i luoghi degli attentati sono scelti a random ed è difficilissimo prevederli. Insomma, non c'è granché da fare. Se non andare avanti. Continuare con la propria vita. Certamente è consigliabile essere informati su quello che sta capitando nel proprio paese e nella propria città. Ed è utile anche prestare attenzioni a pacchi, attività o persone sospette. Ma ripeto: per quanto riguarda delle misure, specifiche, contro la paura, non c'è granché che si possa fare".

In Israele convivete da anni con il terrorismo. Cosa possiamo imparare dalla vostra esperienza?
"Penso che le forze di sicurezza europee possano imparare molto da quelle israeliane, che hanno una lunga esperienza sia nel lavoro di intelligence sia nella gestione dell'emergenza. Sul fronte delle raccomandazioni ai civili invece il mio suggerimento è molto semplice: non bisogna farsi prendere dal panico e non vanno modificate né la propria routine, né i propri piani. E se vi capiterà di sentir dire che c'è stato un attacco nella vostra città, allora sarà più sicuro stare in casa, guardare le news e cercare di contattare i vostri cari, anche se verosimilmente le linee telefoniche saranno collassate a causa del sovraccarico di chiamate. Ed infine non dovrete aver paura di ridere; l'umorismo è una risorsa preziosa, per allentare la tensione in queste situazioni".

Secondo l'Europol il terrorista che ha colpito a Nizza era un lupo solitario con una mente disturbata e non ci sono prove di una sua affiliazione all'IS. L'epidemia ideologica innestata dal Califfato si è ormai diffusa con successo, in tutto il mondo musulmano, nei cinque continenti?
"E' possibile. La gente può uccidere per le più svariate ragioni. Ma l'attentatore di Monaco non era un musulmano. E non lo erano neppure gli assassini dei massacri avvenuti negli ultimi anni nelle scuole degli Stati Uniti. Certo a volte gli attentatori sono musulmani. Ed in questo caso possono essere dell'IS, di Al-Qaeda, di Hamas, ecc... Le correnti sono molteplici. Ma non la definirei un'epidemia. Certamente non lo è in questo momento in Europa. Credo che si tratti di cellule non collegate tra loro. Una piccolissima minoranza. Spesso sono persone mentalmente instabili. E penso che sarebbe sbagliato fare di ogni erba un fascio e puntare il dito contro l'Islam nel suo complesso o contro quei musulmani che sono emigrati in Europa e che si sono integrati. La maggior parte di loro vuole solo una vita tranquilla, lontano dalle violenze del loro paese d'origine".

Una parte del mondo politico, in Europa, in questi mesi, promette “misure repressive dure” contro il terrorismo e chi lo supporta. Possono risolvere il problema?
"A dire il vero, in generale, in Israele durante tutti questi anni non hanno risolto niente. Hanno solo creato più odio, maggiore voglia di vendetta e più violenza. In Israele noi puniamo le famiglie dei terroristi distruggendo le loro case, bombardando il loro quartiere, arrestando gli uomini dei loro villaggi. Ebbene, alcuni dei terroristi che hanno compiuto degli attacchi di recente hanno dichiarato di aver deciso di vendicarsi dopo che la loro casa o quella dei vicini era stata distrutta e la loro famiglia era stata umiliata. E questo ha una sua logica. Io non dico che i terroristi non debbano essere puniti dalla legge. Dico solo che, secondo la mia esperienza, le “misure repressive dure” di solito vanno ben aldilà dei confini definiti dalla legge e tendono ad includere punizioni collettive che si ripercuotono poi anche su persone innocenti. E questo non fa altro che intensificare la spirale di violenza".

Joe Pieracci

Correlati

Ti potrebbe interessare