La vittoria della FPÖ in Austria, con la destra estrema che ha raggiunto la maggioranza relativa dei consensi raggiungendo quasi il 29%, ha portato di nuovo al centro dell’attenzione non solo le questioni di politica interna della repubblica alpina, concentratesi sui temi dell’immigrazione e della sicurezza, ma anche quelle degli equilibri internazionali, nel contesto in cui l’Austria fa parte dell’Unione Europea, ma non è membro della NATO. Il partito di Herbert Kickl è considerato, nel discorso politico e mediatico austriaco ed europeo, filorusso; è opinione diffusa che anche tutti gli altri partiti nazionalpopulisti, che negli ultimi anni a livello continentale hanno riscosso molto successo, arrivando anche in alcuni casi al governo, siano allo stesso modo degli strumenti del Cremlino, utilizzati da Mosca, a colpi di propaganda e finanziamenti occulti, per la destabilizzazione sia dei rispetti paesi che dell’Unione Europea.
La realtà è molto più complessa e questo quadro, dipinto spesso e volentieri dai rivali politici solitamente posizionati a livello governativo nelle capitali europee e a Bruxelles, deve essere relativizzato. Ogni Paese europeo ha infatti le sue specificità, che riguardano sia la programmatica dei partiti politici, al governo o all’opposizione, sia i rapporti storici con la Russia.
Lo spartiacque del 2014
Nel caso austriaco è vero che la FPÖ nel 2016 ha stretto un accordo di collaborazione con Russia Unita, il partito che fa riferimento a Vladimir Putin, ma tutto va contestualizzato, sia nella cornice austriaca che europea: dopo la prima crisi ucraina del 2014, il vero spartiacque, con il cambio di regime a Kiev, l’annessione della Crimea e l’avvio della prima guerra nel Donbass, i rapporti tra Mosca e i governi occidentali sono peggiorati e Bruxelles ha iniziato a comminare sanzioni contro la Russia. Le relazioni in ogni caso non sono state interrotte e ovunque, sia dalla Germania di Merkel come dalla Francia prima di Hollande e poi di Macron, passando dall’Italia, coi i governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte, solo per citare i Paesi maggiori, il dialogo è rimasto aperto. Anche in Austria i gabinetti dei socialdemocratici Faymann e Kern e poi quello del popolare Kurz hanno tenuto aperti i canali con la Russia.
Dal 2014 però Mosca ha iniziato ad allacciare relazioni con le opposizioni, ad esempio la FPÖ in Austria o la Lega in Italia, che ha sottoscritto un accordo analogo a quello della destra austriaca nel 2017. L’invasione dell’Ucraina nel 2022 ha reciso in seguito i rapporti tra il Cremlino e i governi occidentali, secondo uno schema che ha collocato da un lato le cancellerie, tutte allineate agli Stati Uniti e alla NATO nel sostegno all’Ucraina, pur con sfumature differenti, e dall’altra le opposizioni nazionalpopuliste, di destra, classificate appunto come filorusse.
All’opposizione filorussi, al governo atlantisti
I problemi sulla definizione del cosiddetto filorussismo o presunto tale sono proprio evidenti quando le posizioni si invertono: emblematico il caso italiano dove dal 2021 è insediato un governo formato da tre partiti che nel corso del passato, lontano e recente, si sono distinti per la loro vicinanza, teorica o fattuale alla Russia, e poi si sono rivelati nelle stanze del potere filostatunitensi e atlantisti. Fratelli d’Italia, la Lega e Forza Italia, quest’ultima formazione non estremista, ma grazie al rapporto forte tra Berlusconi e Putin intrinsecamente filorussa, sono schierati ora di fatto contro Mosca.
La stessa Lega, già al governo tra il 2018 e il 2019, dopo l’accordo con Russia Unita, non si è distinta per le sue posizioni filorusse, seguendo comunque il percorso sanzionatorio contro Mosca dettato da Bruxelles e Washington. Le vicende italiane illustrano quindi come i partiti nazionalpopulisti si muovano orientati più dall’opportunismo che dalle ideologie, proprie o attribuite come etichette. Più recentemente anche il governo olandese formato nel 2024 con la partecipazione del Partito della libertà di Geert Wilders, tacciato di euroscettismo e filoputinismo, si è accodato alla linea atlantica di sostegno economico e militare all’Ucraina.
Sulle posizioni critiche verso UE e USA sono rimasti insomma i partiti tradizionali da sempre all’opposizione, dal Rassemblement National di Marine le Pen in Francia a Rinascita in Romania, dal Partito nazionale slovacco che sostiene ora a Bratislava il governo nazionalpopulista di Robert Fico all’Alternative für Deutschland in Germania. Qui il quadro è però ancora più complesso, e scavalca il modello governo-opposizione, se si nota che da una parte anche la CDU del governatore della Sassonia Kretschmer è posizionata su una linea di accondiscendenza con Mosca e dall’altra anche il nuovo partito di sinistra di Sarah Wagenknecht (BSW) ha raccolto consenso con una forte critica alla linea del governo del cancelliere Olaf Scholz. Dove i partiti sovranisti governano in sostanza da soli, come il caso di FIDESZ in Ungheria, la questione è ancora diversa, anche alla luce dei rapporti economici tra i Paesi difficili da tranciare: il modello instaurato a Budapest da Viktor Orban può richiamarsi a quello di Putin a Mosca, ma la politica estera ungherese, al netto delle improvvisazioni del primo ministro, è rimasta saldamente nei binari della NATO.
I sovranisti atlantisti
A sfatare definitivamente il mito che tutti i partiti di estrema destra, nazionalpopulisti o sovranisti che dir si voglia, siano filorussi basta vedere quelli che sono allineati chiaramente dall’altra parte e nel duello tra Russia e Occidente sono a fianco di Stati Uniti e NATO, al di là che siano al governo o all’opposizione: l’elenco comprende innanzitutto le formazioni nazionaliste dei Paesi baltici, da EKRE, il Partito conservatore estone, a NA, l’Alleanza nazionale lettone, passando per la TTS, l’Unione per il popolo e la giustizia lituana, tutte formazioni antirusse e a favore del sostegno all’Ucraina.
A questi si aggiunge anche il PiS, il Partito della giustizia e del diritto polacco, al governo fino al 2023 e con Varsavia che negli ultimi due decenni ha assunto un ruolo fondamentale nella strategia antirussa statunitense e della NATO. Anche l’estrema destra scandinava, che comprende i nazionalisti svedesi di Sverigedemokraterna, i finlandesi di Perussuomalaiset, seconda forza in parlamento a Helsinki, i danesi del Partito popolare e i norvegesi del Partito del progresso è tutt‘altro che filorussa.
Austria: confermata la svolta a destra
Telegiornale 30.09.2024, 12:30