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Ebrei e palestinesi, l’esempio della convivenza pacifica

Nel villaggio di Neve Shalom/Wahdi al Salam si vive fianco a fianco crescendo i figli insieme e promuovendo la pace – La testimonianza

  • 9 maggio, 06:33
  • 9 maggio, 08:49
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Dove la convivenza funziona

Telegiornale 08.05.2024, 20:00

Di: TG/RSI Info 

L’offensiva israeliana a Rafah, dove sono rifugiati oltre 1,4 milioni di palestinesi, così come tutti gli sviluppi della guerra, vengono seguiti da vicino anche da chi in questi mesi in Israele mantiene una posizione difficile e si batte per la convivenza e la pace. Come gli abitanti del villaggio di Neve Shalom: due di loro sono a Lugano, ospiti della fondazione Spitzer, dove in un incontro hanno raccontato il loro modello di convivenza. Il Telegiornale RSI li ha incontrati.

Samah Salaime è araba palestinese, Nir Sharon è ebreo israeliano e insieme co-dirigono le istituzioni scolastiche del villaggio di Wahdi al salam / Neve Shalom. Tradotto vuol dire oasi di pace, una comunità che da 45 anni si basa sulla convivenza

“Abbiamo circa 300 abitanti adesso – spiega Samah Salaime –, metà palestinesi e metà israeliani, che hanno scelto di venire qui, di convivere, di crescere insieme i nostri bambini e mostrare al mondo che la pace tra israeliani e palestinesi è possibile”.

Una volontà su cui pesano gli attentati del 7 ottobre e la guerra nella Striscia di Gaza: “Per me da ebreo israeliano il 7 ottobre è stata la prima volta in cui ho avuto davvero paura – dice da parte sua Nir Sharon – E so che per i miei vicini palestinesi probabilmente è così da quando sono nati. È facile concentrarsi su quello che ci divide, ma per noi il compito principale è parlare, stare insieme”.

Anche se parlare, dicono entrambi, non vuol dire pensarla allo stesso modo, ma rispettarsi. “Finora è andata bene – aggiunge Salaime –, siamo sopravvissuti negli ultimi 45 anni e il nostro obiettivo principale è educare la prossima generazione alla pace e mostrare al mondo come facciamo.”

“Penso che soprattutto in questo momento sia molto difficile mantenere la complessità – afferma ancora Sharon – E la pace è complessità. La terminologia che sentiamo: ‘vincere, perdere, giusto sbagliato’… è tutto così binario. La pace è il contrario. Pace vuol dire condannare quello che è successo il 7 ottobre e al tempo stesso dire che quello che succede a Gaza è sbagliato. Parlo per me da ebreo, per lei ovviamente è facile dirlo, ma anch’io da ebreo posso avere paura per la mia famiglia, per gli amici, per il paese il 7 ottobre e, il giorno dopo dire altrettanto che non possiamo agire così”.

Nonostante tutto Samah e Nir continuano a credere che la pace sia possibile e di esserne l’esempio concreto.

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