Pierre Ograbek, inviato RSI in Ucraina, si trova a Leopoli, a una settantina di chilometri dal confine con la Polonia. Nella città ucraina ha incontrato Nastya Romanyuk, una ragazza di 22 anni fuggita da Kiev, dove si stanno vivendo giorni drammatici, con un rigido regime di coprifuoco, combattimenti per le strade, e una caccia aperta a eventuali sabotatori russi infiltrati nella capitale ucraina.
È stato mezz’ora dopo l’ultimo bombardamento. Ho abbandonato il mio rifugio. Con i miei bagagli dovevo camminare per circa mezz’ora, in una zona molto esposta e appena bombardata. Sapevo che non avrei avuto un riparo. E mi ripetevo: “Per favore non ora. Non proprio adesso!”. Dovevo anche passare accanto a degli edifici dell’esercito e della Polizia ucraina – potenzialmente degli obiettivi per i bombardamenti. Per fortuna ce l’ho fatta. Si sentivano delle esplosioni, ma in lontananza.
E alla stazione ferroviaria, poi, che situazione ha trovato? Un grande caos?
Le ferrovie ucraine hanno coordinato molto bene la situazione, tutti aiutavano e nessuno controllava chi aveva il biglietto e chi no. Tutti cercavano di far salire sui treni quanta più gente possibile. Volevano far partire quanta più gente possibile.
E poi una volta sul treno… che clima regnava?
C’è stato un momento in cui il treno ha fatto una frenata d’emergenza. Si è fermato per cinque minuti, bruscamente. Il mio cuore ha avuto un sussulto, perché non mi sentivo al sicuro. Avevo ancora paura, mi chiedevo: “E se iniziassero ancora a bombardare?”. In quel momento era chiaro che potevano colpire i civili. Avevano già danneggiato delle zone residenziali.
Ma da abitante di Kiev, lei si aspettava un attacco militare alla sua città?
A Kiev discutevamo della guerra. E ce l’aspettavamo anche, da un mese a questa parte. Ma nessuno si aspettava che avrebbero iniziato a Kiev e nelle altre grosse città. Ci aspettavamo un’escalation nel Donbass, un’espansione nell’est dell’Ucraina, ma non dei bombardamenti sulla capitale. Mia madre mi ha chiamato alle 5 del mattino subito dopo il discorso di Putin con la sua dichiarazione di guerra. E mi ha detto: devi partire subito. E io: “ma tornatene a letto, su…”. 15 minuti dopo ho sentito le prime esplosioni.
E ci sono state molte esplosioni nelle vicinanze del suo appartamento?
Nella mia zona era più tranquillo. Kiev è una grande città. Si sentivano un po’ in lontananza, sulla riva sinistra del fiume. Hanno subito colpito dei punti vicini alle zone residenziali. Ma non potevo certo rilassarmi perché c’erano molti aerei in volo, facevano un rumore enorme. E non si sapeva mai se passavano e basta, o se poi ci fosse stata anche un’esplosione. Per questo sei sempre sul chi vive. Hai pochi secondi per capirlo. Non lo sai mai. Sei sempre sul chi vive.