Mentre si intensifica l’attesa per un cessate il fuoco a Gaza, sono sempre molti gli interrogativi sull’effettivo bilancio delle vittime che il conflitto ha finora causato nella Striscia. A più riprese si è discusso sull’attendibilità delle cifre fornite dal ministero della sanità di Gaza, che è controllato da Hamas. Ma ora interviene uno studio, pubblicato dalla rivista scientifica Lancet, secondo cui il numero dei morti nella Striscia è sottostimato: a emergere, anzi, è uno scarto molto ampio fra le cifre ufficiali e quelle presentate dai ricercatori.
Il periodo preso in esame dallo studio “va dall’ottobre del 2023”, quando esplose il conflitto, “alla fine del giugno 2024”, spiega ai microfoni di SEIDISERA Francesco Checchi, professore di epidemiologia all’Università di medicina tropicale di Londra e coautore dello studio. Durante questo periodo il bilancio delle vittime fornito dal ministero della sanità di Gaza “era di 36’000 decessi” a seguito di ferite di guerra. Ebbene la stima dei ricercatori indica invece “64’000 decessi per ferite di guerra”. Si ritiene quindi che il ministero “abbia sottostimato il vero totale di circa il 40%”. In ogni caso è da evidenziare che queste stime, in assenza di specifici dati, non tengono però conto di tutte le persone morte per effetti indiretti legati al conflitto, come le infezioni o la malnutrizione. Inoltre, essendo passati altri 6 mesi, il numero effettivo dei morti si attesta “certamente al di sopra di 70’000 e probabilmente verso gli 80’000”, precisa il ricercatore.
Per elaborare il bilancio più attendibile possibile sono stati presi in esame tre elenchi che registrano i decessi. C’è quello, ufficiale, del ministero della sanità di Gaza. Ma lo stesso ministero, nel 2024, ha lanciato un’inchiesta pubblica online, chiedendo alla popolazione di aggiungere informazioni “ad un database pubblico su eventuali famigliari e amici deceduti durante la guerra”, precisa lo studioso. E a questa seconda lista ne è stata quindi aggiunta una terza “che abbiamo noi stessi composto, estraendo dati da pagine pubbliche sui social”. Ma quanto sono attendibili le informazioni di quest’ultima lista? “I social”, risponde Checchi, “contengono informazioni molto dettagliate”, che spaziano dai nomi fino alle circostanze e ai luoghi dei decessi. Esse sono state quindi utilizzate per lo stadio successivo dell’analisi. E grazie “alla sovrapposizione delle tre liste”, è così possibile stimare “quello che è il numero di persone che non compaiono in alcuna lista”.
I ricercatori sono così riusciti a documentare il profilo delle persone decedute, almeno per quanto concerneva l’età e il genere. Ed è inoltre emerso che il 59% dei decessi si registra fra gruppi che difficilmente possono essere qualificati come combattenti: ovvero bambini, donne e anziani.