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Georgia, chi è Mikheil Kavelashvili

Il nuovo presidente, eletto sabato, rappresenta la continuità con il partito al potere (Sogno Georgiano), schierato sul versante nazionalista, filorusso e antieuropeo

  • Oggi, 15:29
  • 3 ore fa
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Mikheil Kavelashvili

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Di: Stefano Grazioli 

La Georgia ha un nuovo capo di Stato, Mikheil Kavelashvili, scelto sabato dall’assemblea elettiva costituita da trecento membri, tra parlamentari e rappresentanti delle istituzioni amministrative regionali e locali di tutto il Paese. L’elezione era scontata ed è stata accompagnata dalle proteste guidate dalla presidente uscente, Salome Zusabishvili. Prosegue dunque lo scontro all’interno della piccola Repubblica ex sovietica del Caucaso, che ormai da un anno vede il conflitto insanabile tra governo e opposizione, sullo sfondo della spaccatura storica tra il fronte filorusso e quello filoccidentale.

Kavelashvili era stato nominato all’unanimità da Sogno Georgiano (SG), la formazione dominante in Georgia che regge il Paese ormai da oltre dieci anni e fa riferimento all’oligarca Bidzina Ivanishvili. Proprio secondo il fondatore del partito e presidente onorario di SG, Kavelashvili, con i suoi modi e il suo atteggiamento, è “l’incarnazione dell’uomo georgiano, un meraviglioso marito e padre di quattro figli”. Politicamente il nuovo presidente rappresenta appunto la continuità con il partito del potere di Ivanishvili e del premier Irakli Kobakhidze, schierato sul versante nazionalista, filorusso e antieuropeo. Kavelashvili ha detto che “farà di tutto per unire la società georgiana sulla base dei nostri interessi nazionali, la nostra identità nazionale, i nostri valori e l’idea dell’indipendenza georgiana”, e questa sarà la sfida vera per i prossimi cinque anni, dall’esito incerto.

Il nuovo presidente

Kavelashvili, 53 anni, è un volto conosciuto in Georgia. È stato eletto per la prima volta in Parlamento nel 2016, nella fila di Sogno georgiano, ma la sua notorietà non la deve alla politica, ma al pallone. È stato infatti per una decina d’anni attaccante della nazionale georgiana, fino al 2002, collezionando 46 presenze e 9 gol. È cresciuto alla Dinamo Tblisi, la squadra della capitale, ma ha giocato anche all’estero, prima in Russia e in Inghilterra, poi soprattutto in Svizzera e tra il 1997 e il 2006 ha vestito le maglie di Grasshoppers, Zurigo, Lucerna, Sion, Aarau e Basilea. La carriera politica l’ha cominciata una decina di anni fa, seguendo le orme di un altro calciatore illustre, Kakà Kaladze, con cui ha giocato insieme in nazionale. L’ex terzino del Milan nel 2012 era già vice primo ministro nel primo governo di Sogno georgiano, poi nel 2017 è diventato il sindaco di Tbilisi, sempre nei ranghi del partito del potere. Kavelashvili è giunto ora alla presidenza e i destini dei due ex calciatori si sono ritrovati in due ruoli chiave nella politica georgiana, alla corte di Ivanishvili.

Lo scontro interno

Il Paese rimane spaccato, come hanno dimostrato le continue proteste, represse anche duramente dalla polizia, che nelle scorse settimane hanno attraversato tutto il Paese, non solo la capitale Tbilisi. L’opposizione guidata dall’ormai ex presidente Zurabishvili, che dopo l’inaugurazione ufficiale prevista per il 29 dicembre dovrà lasciare il palazzo presidenziale, non ha dato segni di voler cedere e il muro contro muro prosegue. Zurabishvili, leader del variegato campo filoccidentale, ha considerato illegittimi il voto del 26 ottobre e il Parlamento eletto, aprendo uno scontro istituzionale senza precedenti. L’elezione di Kavelashvili chiude in qualche modo la questione, con l’incognita di ciò che farà Zurabishvili, che ha annunciato di non voler lasciare il proprio posto.

La tattica dell’opposizione è stata fino ad ora quella di contrastare il dominio istituzionale di Sogno georgiano nelle piazze del Paese, tentando di coinvolgere maggiori frazioni della popolazione, soprattutto dopo il voto di fine ottobre, che al di là di qualche irregolarità non è stato però bocciato dagli osservatori internazionali dell’OSCE, che lo hanno considerato sostanzialmente valido. Anche se la comunità internazionale occidentale, l’Unione Europea e gli Stati Uniti, si è espressa in maniera critica già da tempo nei confronti dell’involuzione del governo di Tbilisi, ancor di più dopo le elezioni e la repressione delle proteste, allo stesso tempo non si è costituito un fronte comune con l’opposizione, per ribaltare il tavolo, come accaduto in altre occasioni, ad esempio sempre in Georgia nel 2003 con la rivoluzione delle rose o in Ucraina nel 2004 con quella arancione e nel 2014 con Euromaidan.

Il duello internazionale

L’impressione è dunque che il confronto interno, nonostante i rischi, possa rimanere limitato alla Georgia e non allargato ai grandi attori internazionali che si confrontano nel Caucaso e su altre scacchiere, ossia Russia e Stati Uniti. Almeno in questo momento. La Georgia è già stato teatro di una breve guerra nel 2008 e negli ultimi quindici anni il livello di scontro tra Russia e Occidente si è alzato, trovando la massima escalation con l’invasione dell’Ucraina nel 2022. Nel contesto delle molteplici crisi, l’apertura di un nuovo fronte non è nell’interesse di nessuno, teoricamente: in tutti gli schieramenti sono presenti infatti le correnti che per varie ragioni tendono a gettare benzina sul fuoco e il quadro georgiano offre comunque l’opportunità, sia adesso che nel futuro prossimo, per interferenze che potrebbero condurre a una degenerazione del duello rimasto fino a oggi pacifico.

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