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Israele-Iran, nuove minacce

Lo Stato ebraico intende avere l’ultima parola, Teheran non vuole l’escalation ma si dice pronta a rispondere di nuovo - Per l’esperto Nicola Pedde, Netanyahu approfitta della situazione e ne è ora l’arbitro

  • 16 aprile, 19:21
  • 17 aprile, 09:00
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Teheran non vuole un'escalation ma si dice pronta a reagire a un'ulteriore attacco

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Di: RG/ATS/ANSA/pon 

Israele risponderà all’attacco missilistico iraniano di sabato e Teheran non ne uscirà indenne, è tornato a ribadire martedì il portavoce militare israeliano Daniel Hagari, precisando che lo Stato ebraico reagirà “al tempo giusto e nel posto giusto”. Il gabinetto di sicurezza si è riunito per la terza volta in tre giorni. I timori di un’escalation in Medio Oriente restano quindi forti, anche se il regime degli ayatollah assicura di non volerla, come il presidente Ebrahim Raisi ha ripetuto in un colloquio telefonico con Vladimir Putin. Allo stesso tempo, però, l’Iran garantisce che un nuovo attacco di Israele innescherebbe una reazione immediata e stavolta molto più decisa di quella del fine settimana.

Esperti ONU: con l’attacco a Damasco “Israele ha violato il diritto internazionale”

L’inquilino del Cremlino ha invitato entrambe le parti alla moderazione e così ha fatto la Cina nel colloquio fra il suo ministro degli esteri e quello iraniano. Quest’ultimo ha sottolineato come il Consiglio di sicurezza dell’ONU non abbia condannato il bombardamento della sede diplomatica iraniana a Damasco, una “flagrante violazione del diritto internazionale” evidenziata anche da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite, in un rapporto i cui contenuti sono stati pubblicati dal Guardian. “A tutti i Paesi è vietato privare arbitrariamente le persone del loro diritto alla vita nelle operazioni militari all’estero, anche nella lotta al terrorismo”, si legge nel documento. L’operazione di Damasco, senza giustificazioni e segnalazioni al Consiglio di sicurezza, ha inoltre “violato il divieto sull’uso della forza armata contro un altro Stato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, della Carta” dell’ONU.

Pure i Paesi del Golfo stanno facendo i “pompieri”: non vogliono schierarsi né da una parte né dall’altra, avendo buoni rapporti con gli Stati Uniti - di cui ospitano anche basi militari - e, come nel caso dell’Arabia Saudita, avendo iniziato a ricostruire quelli con l’Iran. Condividono la convinzione che la crisi sia negativa per i loro affari e la loro posizione geografica li pone oltre tutto sulla linea di tiro.

Netanyahu “arbitro della situazione”

Secondo alcuni analisti l’allargamento del conflitto in Medio Oriente potrebbe essere parte della strategia del premier israeliano, Netanyahu, che ha interesse a distogliere l’attenzione sui suoi insuccessi e su quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza dove - lo sentiremo a breve - i bombardamenti non si fermano. “L’emergere della minaccia iraniana consente di cavalcare l’onda dell’emotività nazionale, che vede dopo molti anni l’Iran trasformato in una minaccia esistenziale per lo Stato di Israele oltre che il manovratore delle crisi mediorientali”, ha affermato a SEIDISERA Nicola Pedde, direttore dell’Istituto per gli Studi globali di Roma e della Rivista “Geopolitica del Medio Oriente”. Allo stesso tempo, ha proseguito Pedde, “potrebbe permettere di definire una sorta di pausa nella gestione del conflitto a Gaza, che ha prodotto risultati alquanto controversi e ha aperto una serie di interrogativi sul futuro”, in particolare con le “impellenti richieste da parte della società israeliana” di un processo per la liberazione degli ostaggi, ma anche le incognite sulla futura gestione di Gaza.

Pedde vede Netanyahu come “l’arbitro della situazione”, in grado di decidere “se fare emergere un’escalation di portata regionale” o meno, ma con pochi incentivi in questo momento che lo spingano verso una posizione più moderata, malgrado la forte opposizione nei suoi confronti di una parte consistente dell’opinione pubblica israeliana, nella quale sono presenti però nel contempo la volontà di chiudere la pratica Hamas e il timore che Teheran si doti dell’arma nucleare.

Gli Stati Uniti rischiano di essere trascinati in un’escalation

Secondo l’esperto, “la situazione è particolarmente complessa e potrebbe travolgere gli interessi stessi degli Stati Uniti, contrari a un’escalation ma che potrebbero ritrovarsi trascinati loro malgrado se questa escalation dovesse essere innescata da una ritorsione israeliana e da una successiva ondata di attacchi da parte della Repubblica islamica”.

L’attacco iraniano di sabato “era determinato dalla necessità di affermare la propria credibilità sul piano politico e militare nella regione”, in un momento “di fragilità del sistema, interessato da una transizione generazionale ai vertici del potere”. La nuova generazione, che arriva dai vertici militari, “ha una linea molto più assertiva”. Il paradigma è cambiato, è stata varcata “la linea rossa del confronto militare diretto con Israele”, anche se in occasione dell’attacco del fine settimana la vecchia generazione ha ottenuto che ci fosse un “valore politico”, quello dell’attacco diretto, “ma con conseguenze limitate se non nulle”.

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L'analisi sulle tensioni tra Iran e Israele

SEIDISERA 16.04.2024, 18:12

  • Keystone

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