In India, sono 968 milioni gli elettori chiamati alle urne per le prossime settimane, migliaia i partiti e 545 deputati. Il tutto con un esito praticamente scontato: altri cinque anni di Governo del premier Narendra Modi e del suo BJP.
Sarebbe il suo terzo mandato, e il popolare premier se lo sente già in tasca, tanto che dichiara come obiettivo quello di guadagnare 400 seggi. Ma la campagna elettorale è lunga, si vota in sette fasi per sette settimane, per far fronte allo sforzo logistico di spostare materiale e addetti alle operazioni di voto, che sono 15 milioni, attraverso l’immenso paese.
Il 73enne Narendra Modi
La campagna del Governo è tutta incentrata sull’immagine di leadership che viene dal premier, e sull’identità induista contro le altre religioni. Si brandiscono le grandi opere realizzate come aeroporti e autostrade, spesso appaltate agli industriali amici di Modi, come Adani, Ambani, Birla, e la distribuzione di viveri per i più poveri.
E soprattutto, Modi ha incassato molte simpatie con la costruzione del faraonico tempio al Dio Ram ad Ayodhya, sulle macerie della moschea di Babri distrutta nel 1992 da una folla inferocita. È una campagna incessante e capillare, con poster di Modi che tappezzano le città, pagine sui quotidiani, una presenza sui social preponderante. I soldi al BJP non mancano, come ha dimostrato lo scandalo dei buoni elettorali: oltre la metà delle donazioni andavano a loro, e spesso chi donava soldi, riceveva favori.
Le opposizioni invece raccontano un’altra India: una in cui la crescita del 7% va a beneficio solo del 2%, in cui mancano 200 milioni di posti di lavoro, in cui la corteggiata classe media fatica a decollare, e a consumare, infrangendo il sogno stesso di una crescita basata sul mercato interno. Il dividendo della popolazione che supera il miliardo e 400’000 unità, diventa un fardello se non si offre a questi cittadini un lavoro.
Rahul Gandhi
Il primo partito di opposizione, il Congress di Rahul Gandhi, parla di democrazia in pericolo, e spera in un voto di protesta, che raccoglierebbe insieme agli alleati di un gruppo eterogeneo battezzato “India”: il partito dell’uomo comune Aam Admi, il Trinamol di Mamata Banerji, e altri partiti regionali.
Esiste un forte malcontento verso un modo di governare giudicato sempre più autoritario, con i mezzi di informazione al 99% a favore del Governo, gli avversari bombardati da inchieste giudiziarie, la stampa estera minacciata di espulsioni che già si sono verificate per almeno tre corrispondenti, la censura di film e documentari invisi alla maggioranza.
E da ultimo, esistono numerosi dubbi sulle macchinette per votare. Associazioni di cittadini stanno portando la questione in tribunale, perché sarebbero facili da manipolare e non c’è un riscontro cartaceo per tutti i voti ma solo per un campione. E con questi aggeggi che fanno il giro dell’India in sette settimane, le occasioni per metterci sopra le mani non mancano. Un ulteriore breccia nella fiducia dei cittadini nel sistema democratico, che si rifletterà nella partecipazione al voto. Nel 2014 era stata del 67%, la più alta mai registrata. Vedremo se questa volta i cittadini dimostreranno lo stesso entusiasmo.
India alle urne
Modem 19.04.2024, 08:30