È allarme continuo in India, da fine aprile all’inizio della stagione monsonica il servizio meteorologico lancia un segnale, arancione o rosso, dopo l’altro: 48 gradi in Rajastan, 45 a Delhi, 42 a Mumbai ma con una umidità da capogiro, con l’effetto di affaticare il corpo ben al di là dei gradi centigradi.
Una calura che uccide: in una sola settimana in maggio in Gujarat 12 persone sono morte per colpo di calore quando la colonnina di mercurio segnava i 47 gradi. Altri 6 morti in Rajastan.
Secondo una recente ricerca dopo appena due giorni di temperature oltre i 36 gradi centigradi, in India la mortalità generale cresce del 14%.
Solo il 10% delle abitazioni ha accesso all’aria condizionata. Sono soprattutto le classi medio basse a soffrire. Oltre al danno al benessere e alla salute, ne risente anche l’attività lavorativa. Quando i manovali devono stare a casa per il caldo, nessuno li paga alla giornata.
Questa disparità è evidente soprattutto nelle metropoli, dove si fa sentire l’effetto “isola di calore” dovuto a costruzioni in cemento, senza spazi verdi.
Il paradosso dell’aria condizionata
Il cosiddetto paradosso dell’aria condizionata è che questo toccasana, se fosse diffuso, riscalderebbe ancora di più le città già invivibili. La soluzione risiede altrove, come ha scommesso una organizzazione non governativa, cBalance, sostenuta a Mumbai da Vivek Gilani, un eco-imprenditore.
Con l’aiuto di materiali poveri, come bottiglie di plastica, piante, tendoni in plastica e fogli di lamiera, Vivek sperimenta diverse installazioni sui tetti delle baraccopoli a Mumbai, Pune, Bangalore.
Creando una intercapedine tra la nuova barriera e il tetto, di solito in lamiera corrugata, si riesce a far scendere la temperatura interna di qualche grado.
L’idea è piaciuta alla città di Ginevra che si sforza di lottare contro il riscaldamento del pianeta con misure ecologiche. Philippe de Rougemont, consigliere del cantone ginevrino e promotore dell’iniziativa “fairconditioning”, ritiene che solo attraverso una architettura attenta al surriscaldamento e a un urbanismo intelligente si può correre ai ripari. Per questo l’iniziativa include un proselitismo tra gli atenei di architettura in India, per formare gli architetti di domani con un occhio a materiali e tecniche di costruzione passive.
Forse solo una goccia nel mare bollente delle città indiane di oggi, ma un esempio che dovrebbe educare chi ne ha più bisogno: amministrazioni locali avide di denaro e povere di idee. Perché sono loro, con i quartieri commerciali di vetro e cemento, le loro autostrade costruite nel mare, la loro distruzione di ogni spazio verde o giardino, la loro cementificazione selvaggia, che pone le basi di un clima davvero invivibile nelle metropoli.
RG 12.30 del 27.05.2024 - Il servizio di Laura Dick
RSI Info 27.05.2024, 12:28