K-Pop, K-Beauty, K-Drama: la K-Culture, la cultura coreana, sta spopolando in tutto il mondo negli ultimi anni, generando grandi flussi di denaro. E anche Netflix negli scorsi giorni ha annunciato investimenti per 2,5 miliardi di dollari spalmati sui prossimi quattro anni in produzioni sudcoreane, destinate anche al mercato occidentale.
Come si spiega l’ascesa della K-Culture? La domanda l’abbiamo girato al sociologo Vincenzo Ciccarelli, che insegna a Parigi e che al tema ha dedicato un libro “K-pop, soft power et culture globale”.
“Quello che seduce è praticamente sempre la stessa cosa. Si tratta di una grandissima capacità dell'industria culturale coreana a saper mettere insieme degli elementi che fanno parte della cultura pop globale. E quando si va ad ascoltare la musica K- pop ci si rende conto che ci sono certo degli elementi che sono universali - un linguaggio comune, un linguaggio globale - ma ci sono anche gli elementi che sono molto locali che sono propri del K-Pop. Questo ragionamento si può applicare pure al resto dei prodotti coreani dal cinema alle serie televisive e quant'altro e quindi la K di questa K-Culture rappresenta una specificità all'interno di un linguaggio che è, in realtà, molto più universale. Questa è la chiave del successo”.
Quindi un linguaggio universale associato a peculiarità coreane. Ma quali sono queste specificità che rendono i K-Drama differenti da una serie americana.
“Per esempio, l'assenza totale di sesso spinto e di violenza. I personaggi dei cattivi coreani di queste serie televisive sono per l'appunto capaci di far del male in maniera tale che poi alla fine si capiscono quali sono le loro ragioni, senza giustificarli e sono portatrici di una profonda umanità. Poi la seconda cosa assente è il sesso. Il sesso non esiste in questi prodotti, a parte il cinema, ma le serie tv non ne parlano mai. Quello che mettono a fuoco è in realtà la questione del romanticismo, la questione dell'amore.”
In Squid Game di violenza ce n'è, ma effettivamente non è fine a se stessa. Serve a mettere in luce le estreme disuguaglianze socioeconomiche in seno alla società coreana che, con la forte competitività, è un tema ricorrente anche in diversi film. I cinesi parlano di hallyu - "l'onda coreana" - che ha travolto l'Asia; scompagina anche i rapporti di forza tra Paesi regionali che in passato sono stati in guerra o rivali.
“È come se in Francia arrivassero i prodotti algerini. Sapete che significa in termini di rapporti di forza? La stessa cosa dicasi per il Giappone da quando in pochi anni i K-Dramma, le serie televisive coreane, sono state esportate in Giappone con tutti questi attori bellissimi. Quando un attore coreano diventa l'idolo delle donne giapponesi, sapete che cosa significa? Per il Giappone è uno smacco, perché significa trasformare i rapporti di forza culturali.”
Gli investimenti da parte di Netflix consentiranno di esportare ulteriormente i K-Drama. Potrebbero esserci ripercussioni anche sulla società sudcoreana?
“I creatori stessi coreani guardano di buon occhio l'arrivo di Netflix, perché ci sono più soldi e quando ci sono più soldi c'è più possibilità di sperimentare. Ma soprattutto c'è un altro fatto. Le serie televisive coreane sono prima di tutto fatte per essere viste in Corea. La società coreana è anche conservatrice, cioè non si può vedere due attori baciarsi al primo episodio, è praticamente impossibile. Grazie agli investimenti di Netflix e al mercato globale si potrà andare pure ad esplorare le dimensioni più fisiche del rapporto amoroso".