Il lavoro forzato è una realtà in Cina, secondo un’inchiesta giornalistica della BBC. L’indagine si basa su documenti, rapporti governativi e analisi di immagini satellitari in cui emerge che più di mezzo milione di lavoratori uiguri vengono obbligati a lavorare alla raccolta del cotone e alla sua lavorazione. Alla minoranza musulmana, si aggiungono altre minoranze etniche.
Il fenomeno era già stato in parte documentato, ma mai sino ad ora era emerso con tale chiarezza e con numeri così alti. Alcune fotografie scattate dai satelliti mostrano per esempio industrie tessili sorte negli ultimi anni, accanto ai campi di rieducazione costruiti per gli uiguri. Un quinto del cotone mondiale proviene proprio dallo Xinjiang, la regione dove vive questa minoranza.
La BBC ha interpellato le maggiori aziende tessili, chiedendo loro se richiedono a Pechino la provenienza di questa materia prima, solo in quattro su 30 hanno assicurato di esigere dalle autorità cinesi che non venga usato cotone proveniente dallo Xinjiang. La Cina, da parte sua, propone la sua versione dei fatti: i campi sono centri di formazione professionale e le fabbriche sono state realizzate per contrastare la povertà.
Solo una settimana fa, l’amministrazione statunitense ha annunciato che bloccherà le importazioni di cotone da questa regione, accusando Pechino di sfruttare con il lavoro forzato proprio gli uiguri.
Gli uiguri sono un’etnia turcofona di religione islamica; tra spinte indipendentiste e accuse di terrorismo, sono al centro da anni di repressioni da parte di Pechino condannate anche dalle Nazioni Unite, soprattutto per quanto riguarda i cosiddetti campi di rieducazione.