Forse non si saprà mai quante persone erano stipate nel peschereccio naufragato mercoledì al largo delle coste greche, nel sud del Peloponneso. I pochi sopravvissuti, un centinaio, parlano che a bordo, uno sopra l’altro, schiacciati, senza giubbottini salvagente, c’erano 700-750 migranti. Tra loro decine di bambini. Quando il sogno di raggiungere l’Europa si è infranto, dice chi si è salvato, i più piccoli dormivano.
Le ricerche delle autorità elleniche sono proseguite in queste 48 ore, ma senza esito. I morti accertati sono 78. Le acque profonde e il mare aperto per ora non hanno restituito nessuno. Si parla di una delle peggiori tragedie della migrazione registrate nel Mediterraneo negli ultimi anni, dopo quella avvenuta nel Canale di Sicilia nel 2015 dove perirono tra le 700 e le 900 persone. Si dice anche che c’è stato un cortocircuito nella catena dei soccorsi che come a Cutro, in Calabria, non sono intervenuti per tempo. Si rimpallano le responsabilità e ripartono le riflessioni su come affrontare il tema dei migranti che attraversano il Mediterraneo.
Troppe persone a bordo
"Tutte le imbarcazioni di migranti non sono adatte alla navigazione"
"È una tragedia enorme quella avvenuta in questi giorni", afferma Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) da noi contattato telefonicamente, "una tragedia che mette in risalto ancora una volta la mancanza di un pattugliamento europeo in mare che intervenga in modo veloce, rapido e immediato".
I soccorsi, infatti, partono spesso parecchie ore dopo gli avvistamenti e questo, "è un grave errore perché in realtà tutte le imbarcazioni dei migranti sono da considerarsi non adatte alla navigazione, non hanno i requisiti minimi né legali né pratici per poter navigare. In più sono spesso sovraccariche e quindi possono naufragare nel giro di pochissimi minuti", sottolinea di Giacomo. Devono quindi essere soccorse subito, anche se apparentemente navigano bene. "La priorità deve essere salvare vite umane, non rimbalzarsi responsabilità di intervento. Purtroppo come OIM", continua, "non vediamo un impegno all’altezza della problematica. Da anni chiediamo un aumento del pattugliamento del soccorso in mare", senza che nulla si muova.
Il soccorso in mare un "tabù"
I migranti erano partiti da Tobruk (Libia) lo scorso 8 giugno ed erano diretti in Italia. Tra loro c’erano sicuramente pachistani, siriani ed egiziani. Il peschereccio su cui viaggiavano era riempito oltre le sue capacità. Basta osservare la foto dalle autorità: il primo avvistamento del barcone è avvenuto il 13 giugno da parte di Frontex. Come consuetudine, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera ha poi avvisato le autorità competenti, in questo caso quelle greche. Pure la guardia costiera italiana e altri due mercantili avevano segalato la presenza in mare aperto del peschereccio. Da quel momento, le autorità competenti elleniche affermano di aver proposto ai migranti aiuto, ma senza ottenere risposta affermativa. Hanno solo accettato acqua e cibo, di cui erano rimasti sprovvisti. Vengono così lasciati in mare, per continuare il loro viaggio. L’allarme viene lanciato nella notte dello stesso giorno. Viene chiamato il numero della rete volontari Alarm Phone. La nave ha subito un’avaria. I contatti si fanno frenetici fino verso mezzanotte, poi il silenzio e il naufragio.
"Il focus delle politiche europee è rivolto soltanto verso l’esternalizzazione, si parla di più di rimpatri, ritorni, procedure velocizzate per le richieste d’asilo", sottolinea il nostro interlocutore, "il salvataggio in mare è diventato quasi un tabù per cui meno si fa, meglio è. Ma salvare vite in mare, è proprio la base della convivenza umana". Da inizio anno, sono 1'038 i migranti morti nel Mediterraneo centrale, 1'277 in tutto il Mediterraneo. Per quanto avvenuto a Pylos, nelle acque dell’Egeo, è stata aperta un’inchiesta e nel frattempo sono state arrestate una decina di persone, i probabili scafisti ai quali i migranti avevano pagato dai 4'000 ai 6'000 dollari.
Evitare trafficanti senza scrupoli
"In Italia sono arrivati via mare in questi mesi 55'000 persone, un numero obiettivamente non alto per un paese che ne conta 60 milioni, non un’emergenza per l’Europa che ha una popolazione di 450 milioni di abitanti", afferma Di Giacomo, "bisogna cominciare ad aprire canali regolari e portare avanti politiche lungimiranti che non guardino ai prossimi mesi o ai prossimi appuntamenti elettorali. È una realtà che deve essere gestita come i grandi fenomeni geopolitici, per evitare che persone partano in maniera irregolare con trafficanti senza scrupoli".
Grecia, nuova strage di migranti
Telegiornale 15.06.2023, 20:00