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Le porte aperte ai profughi ucraini

Rispetto ad altre crisi migratorie del passato, l'Ungheria ha adottato una politica di accoglienza - L'avvicinamento alle elezioni parlamentari del 3 aprile

  • 30 marzo 2022, 20:09
  • 23 giugno 2023, 17:50

SDS 18.00 del 30.3.2022 Il reportage di Andrea Ostinelli

RSI Info 30.03.2022, 19:55

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Di: Andrea Ostinelli

Sono circa 360’000 profughi giunti finora in Ungheria dalla confinante Ucraina. Profughi che stavolta non hanno subito l'ostilità aperta del Governo conservatore di Viktor Orbán, come era invece accaduto a quelli della crisi migratoria del 2015. Che cosa è cambiato rispetto ad allora, e che cosa no? Intervista a Viktória Hórvát, portavoce dell'ONG Migration Aid.

"Non abbiamo mai visto una cooperazione del genere prima d'ora. Penso che in parte il Covid abbia reso le persone più coinvolte emotivamente nelle vite degli altri. E poi questa è una crisi vicina a noi. Tutto questo aumenta la partecipazione: ora riceviamo centinaia di messaggi, di offerte di aiuto via mail, i cittadini mettono a disposizione le loro abitazioni per i rifugiati. Ciò è stupendo."

La mobilitazione della popolazione ungherese è forte. Le principali stazioni di Budapest pullulano di bancarelle delle ONG che offrono vivande, generi di prima necessità, consigli. E di volontari: c’è chi ha spolverato il russo imparato in gioventù per fare da interprete, chi offre un alloggio, o il suo tempo come volontario. Ma il proliferare di iniziative spontanee mette in luce la mancanza di un coordinamento delle forze corse in aiuto dei profughi ucraini.

La stazione di Nyugati

La stazione di Nyugati

  • Andrea Ostinelli

"Ci sono moltissime organizzazioni che stanno lavorando separatamente: ci sono volute settimane per metterle in contatto fra loro! – spiega Viktória –. Il fatto che il Governo non sia con loro rende tutto più difficile. In un caso del genere dovrebbe essere il Governo a coordinare persone, gruppi e organizzazioni."

Insomma, il Governo conservatore di Viktor Orbán non tiene verso gli sfollati ucraini lo stesso discorso che aveva verso i profughi della crisi migratoria del 2015, quando oltre un milione di persone, per quasi la metà siriane, raggiunse l'Europa, molte attraverso i Balcani. Ma la diffidenza verso lo straniero "seminata" per anni non è svanita all'improvviso.

Viktória Hórvát

Viktória Hórvát

  • Andrea Ostinelli

"A complicare il tutto ci sono anni di propaganda di questo Governo. Che hanno presentato i profughi come persone pericolose, diverse da noi. C'è gente che ne ha paura. Ma ora si vedono arrivare persone vestite come noi, con le valige e i telefoni come i nostri, che provengono da vite del tutto normali. Questo fa sì che molti cittadini siano sorpresi, perché anni di propaganda hanno mostrato i profughi come terroristi, come genti di cui avere paura, diverse da noi... È stato un discorso nazionalistico, pieno di razzismo”, commenta la portavoce di Migration Aid.

Così, in Ungheria, anche la solidarietà si declina a seconda della provenienza di chi ne ha bisogno.

"Anche oggi, quando qualcuno mette a disposizione un alloggio, dobbiamo sempre verificare che l'offerta valga anche per persone di origini africane – spiega Viktóra Hórvát –. Altrimenti c'è il rischio che non le accettino."

Incontriamo la portavoce di Migration Aid alla stazione di Nyugati, a Budapest. Da poco è tornata dal confine ucraino.

"L'80% cento dei profughi ucraini è soltanto di passaggio in Ungheria. Va verso altri Paesi europei. Ma ci sono persone che vengo qui, senza sapere dove andare. Non si rendono conto che questa situazione continuerà per settimane, per mesi! Vorrei dire loro che avrebbero migliori opportunità all'estero, fuori dall'Ungheria. Qui – commenta amara Viktória – le persone possono anche essere accoglienti, ma il sistema renderà complicate le cose per loro."

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