Due milioni di elettori erano chiamati, domenica, alle urne in Macedonia per decidere se modificare il nome dello Stato. La proposta è stata accettata da oltre il 91% dei votanti. Ma allo storico referendum, che avrebbe potuto mettere fine a quasi trent’anni di conflitto diplomatico con la Grecia, il quorum del 50% non è stato raggiunto e la vittoria schiacciante dei favorevoli rischia di rimanere lettera morta.
Non ce l’ha quindi fatta il Primo ministro Zoran Zaev a convincere la maggior parte degli elettori macedoni a recarsi alle urne per approvare il nuovo nome della Macedonia. La partecipazione si è infatti fermata a circa il 36% degli aventi diritto. Il risultato dello scrutinio, secondo la legge macedone, non ha quindi alcun valore legale. Per risolvere la questione del nome, il Governo dovrà cercare in Parlamento una maggioranza dei due terzi di cui però non dispone.
Zaev, che nella tarda serata di domenica ha riconosciuto la sconfitta non è comunque intenzionato a dimettersi e intende, piuttosto, tornare al tavolo delle discussioni con “i nostri avversari in Parlamento e se riusciremo a raccogliere i due terzi dei voti proseguiremo l'attuazione dell'accordo con la Grecia. E con i negoziati per l’adesione del Paese all’UE e alla NATO. Non dovessimo raggiungere i voti necessari non escludo elezioni anticipate". Elezioni che, secondo il premier, potrebbero tenersi già il prossimo mese di novembre.
RG/ATS/ANSA/Swing