Si fa sempre più delicata la posizione di Paul Manafort, ex direttore della campagna elettorale di Donald Trump, già accusato dal procuratore speciale che indaga sul Russiagate Robert Mueller di aver mentito a più riprese, violando quell'accordo che gli risparmiava una pena più pesante in cambio di totale collaborazione. Secondo il Guardian, infatti, a partire dal 2013 Manafort avrebbe incontrato a più riprese Julian Assange nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra dove è rifugiato, l'ultima volta nel marzo del 2016, poco prima che il fondatore di Wikileaks desse l'ordine di pubblicare le quasi 20'000 e-mail rubate da hacker russi al Partito democratico. Quello scandalo, per Hillary Clinton, fu la causa della sua sconfitta alle presidenziali.
Se il legame fosse provato, per le indagini sarebbe una svolta importante, visto che le due parti hanno sempre negato qualsiasi contatto. Wikileaks continua a farlo e ha subito reagito scommettendo "un milione di dollari e la testa del nostro editore che non c'è mai stato nessun incontro".
Assange sarebbe stato quindi un anello di contatto fra l'entourage di Trump e i russi. Il magnate, dalla Casa Bianca, ha fiutato i venti di tempesta ed è tornato ad attaccare frontalmente Mueller, ormai "fuori controllo". Man mano che si avvicina la pubblicazione del rapporto di inchiesta -Trump ha trasmesso nelle scorse settimane le sue risposte agli investigatori dopo aver tergiversato per mesi- il presidente, secondo i commentatori, si fa più nervoso.
La sua portavoce Sarah Sanders ha intanto negato di essere a conoscenza di discussioni sulla possibilità che Trump faccia uso della grazia presidenziale a vantaggio di Manafort.