Continua a salire il bilancio delle vittime del terremoto che 10 giorni fa ha colpito il Sud-est asiatico. In Myanmar sono oltre 3’500 i morti ufficiali, mentre i feriti sono più di 5’000. Non tutte le zone colpite dal sisma sono però state raggiunte, soprattutto quelle dove agiscono gruppi di ribelli e di opposizione. La giunta militare al potere ha formalmente accettato un cessate il fuoco temporaneo, ma continua a bombardare queste regioni. C’è anche chi sostiene che il terremoto potrebbe aprire una finestra di dialogo per giungere alla pace. Manjula Bhatia, per SEIDISERA, ha chiesto una valutazione di quest’ipotesi a Cecilia Brighi, segretaria generale dell’associazione “Italia-Birmania Insieme”, nonché e autrice del saggio storico “Il pavone e i generali”.
“Io sono molto scettica perché la giunta militare è sostenuta da Cina, Russia, Thailandia, Corea del Nord. I peggiori autocrati del mondo, sostengono questa giunta militare per interessi geopolitici. È un fatto gravissimo che continui non solo a bombardare i villaggi, ma ad ostacolare le operazioni di assistenza e di soccorso. Hanno imposto il cessate il fuoco alle dieci di sera e quindi tutte le attività di soccorso si sono dovute interrompere in questi giorni alle dieci di sera, quando c’era la necessità di continuare a lavorare anche di notte. Stanno perseguitando ancora oggi coloro, come i nostri team, che sono sul terreno. Noi abbiamo un gruppo di 50 persone che sta lavorando sia a Sagaing, che a Mandalay, che a Yangon.”
Nel Myanmar la guerra civile sta provocando milioni di profughi. Il potere della giunta militare è messo alle strette in varie province da una resistenza anche armata.
“Chi attua questa resistenza sono gli eserciti degli Stati etnici e sono le People’s Defence Forces, che sono tutti giovani che sono fuggiti dalle varie città per opporsi alla dittatura e hanno organizzato queste forze di difesa. È gente ben organizzata che sta cercando di riportare il Paese alla democrazia. E un dialogo non si può attuare finché non liberano tutti gli oltre 26’000 prigionieri politici, finché il presidente della Repubblica e Aung San Suu Kyi non vengono liberati, finché la giunta non accetta di fare un passo indietro”.
Aung San Suu Kyi, nel 2015, aveva rappresentato una speranza per il Myanmar. Aveva vinto le elezioni e formato un Governo democratico. Tuttavia, l’esperienza della storica oppositrice al regime, premio Nobel per la pace, è durata solo qualche anno: venne rovesciata da un colpo di stato nel 2021. Quali le ragioni che causarono la fine di quell’esperienza?
“Aung San Suu Kyi vinse le elezioni del 2020 in modo proprio totale. La giunta militare sperava di poter mantenere il controllo del Paese. Sappiamo che nel 2008, guarda caso subito dopo il ciclone Nargis, chi se lo ricorda sa che ci sono stati oltre 150’000 morti. Dieci giorni dopo il ciclone, la giunta impose un referendum per attuare la propria Costituzione, minacciando la gente. Il referendum ovviamente passò. Il Parlamento eletto con quei criteri prevede che il 25% dei parlamentari sia nominato dai militari. Quindi qualsiasi modifica legislativa o della Costituzione deve passare con il consenso dei militari. Quando nel 2020 ci sono state le elezioni e Aung San Suu Kyi le vinse, Min Aung Hlaing - che temeva di essere preso dalla Corte internazionale di giustizia - chiese di essere nominato presidente della repubblica. Aung San Suu Kyi si rifiutò e ci fu il colpo di Stato il giorno in cui si insediava il nuovo Parlamento.”
Ricordiamo infine la persecuzione dei Rohingya, avvenuta durante il governo di Aung San Suu Kyi: questa minoranza musulmana in un paese a maggioranza buddista fu costretta, nel 2017, a fuggire nel vicino Bangladesh, dove si trova ancora adesso. Quasi un milione di persone che si vorrebbero rimpatriare.
“Questa è una grande finzione: cioè quella di chiedere ai Rohingya di ritornare in quel Paese dove ancora coloro che li hanno repressi, torturati, violentati, uccisi e hanno bruciato i propri villaggi sono al potere. In questo periodo, nell’Arakan, i Rohingya - a cui è stata tolta la cittadinanza e che sono apolidi - vengono presi e obbligati alla coscrizione nell’esercito della giunta militare. Pur essendo apolidi, e con le minacce di arrestarli. Quindi è una grande finzione, si vogliono togliere di torno questo problema. Ma nessuno giustamente accetterà di ritornare in quelle condizioni nel proprio Paese.”