Moshe Leimberg dal 7 ottobre scorso ha passato i suoi giorni ad aspettare. Dall’attacco di Hamas sul territorio israeliano si è trovato con cinque familiari in meno. Rapiti. Negli scorsi giorni, grazie alla tregua temporanea tra le parti in conflitto, ha potuto riabbracciare moglie, figlia e cognata. Altri due uomini della famiglia invece rimangono ancora nella Striscia di Gaza. La sua testimonianza è stata raccolta da Elena Boromeo.
“Erano circa le 6-6:30 del mattino quando l’attacco con i razzi è iniziato. Io avrei dovuto essere con loro, ma non era così perché avevo l’influenza e così ero rimasto a casa”.
Moshe Leimberg ricostruisce i fatti del 7 ottobre. Quel giorno, sua figlia Mia di 17 anni e sua moglie Gabriela, si trovavano a casa della zia nel kibbutz di Nir Yitzhak, vicino alla Striscia di Gaza. Mentre lui era rimasto a Gerusalemme.
“Mia figlia mi ha inviato un messaggio via WhatsApp, diceva che il nostro cane si era agitato ma poi si era calmato. Le ho risposto ‘bene’. È stata l’ultima volta che le ho sentite”.
I combattenti di Hamas quella mattina hanno preso sua figlia, sua moglie, la zia con il marito Luis e il fratello Fernando. Cinque membri della stessa famiglia sequestrati e portati a Gaza.
“Sono stati 53 giorni senza di loro. Ho dovuto farci i conti subito. Ed era come se uno stesso giorno si ripetesse all’infinito”.
Poi, nemmeno una settimana fa, la chiamata: sua figlia e sua moglie erano nella lista di ostaggi che sarebbero stati scambiati durante la tregua. Martedì scorso le ha potute riabbracciare.
“È stato indescrivibile. Improvvisamente la realtà era cambiata. Tutto a un tratto loro erano qui, ed era incredibile. Ho visto anche la nostra cagnolina con loro. Mi sono detto: ok, posso ricominciare a respirare”.
Sua figlia e sua moglie stanno bene. Dei dettagli del sequestro non si può ancora parlare. Ma ci ha confermato che la cagnolina di nome Bella era con loro, nei tunnel di Hamas. E che è uscita indenne dalla cattività.
“Inizialmente quelli di Hamas pensavano che fosse una bambola e non un cane vivente. Mia figlia l’ha nascosta sotto i vestiti. Quindi si sono accorti di lei solo a Gaza, nei tunnel. ‘Aspetta, cos’è questo? Non puoi tenerlo’ le hanno detto. Ma mia figlia ha risposto: potete scommetterci che lo tengo”.
Oltre a sua figlia e sua moglie, anche la zia è stata liberata, ma all’appello mancano ancora Luis e Fernando, di 70 e 60 anni. Così come altri 130 ostaggi. Quanto è reale la speranza che tornino anche loro?
“Nella mia esperienza precedente, credevo che mia figlia, mia moglie e mia cognata non sarebbero tornate. Ora la vedo diversamente. Ora possono essere più speranzoso, o meno disperato. Ora abbiamo una storia di tregua, quindi sappiamo che è possibile, a un certo punto”.
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