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Proteste agricole, problema per l’Europa: “Servono fondi”

Nel mirino dei contadini una transizione energetica “obbligata”, ma senza sostegni. A Bruxelles aperta la discussione

  • 25 gennaio, 19:57
  • 25 gennaio, 22:54
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Uno scatto delle manifestazioni in Germania

  • Keystone
Di: Seidisera/RSI Info

Il mondo agricolo è preoccupato e arrabbiato e in diversi Paesi dell’Unione europea sta manifestando con forza contro i governi. Nelle ultime settimane media e social hanno mostrato immagini di trattori che invadono le strade, di lavoratori agricoli che protestano a gran voce. Dalla Francia, alla Germania, alla Grecia, ma anche in Romania e in Polonia, i problemi che hanno portato alle proteste possono in parte differire, ma la politica europea è stata chiamata a intervenire.

A Bruxelles avviato un dialogo strategico

Giovedì a Bruxelles, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha avviato un dialogo strategico dedicato a questo settore, con l’obiettivo di superare la polarizzazione che da una parte vede le ragioni del mondo agricolo e dall’altra quelle della tutela dell’ambiente e del libero commercio internazionale.

L’esperto: “Non c’è resistenza verso politiche più ecologiche, ma servono fondi per questa transizione”

Nel mirino degli agricoltori ci sono infatti anche il Green Deal, ovvero la strada indicata dall’Unione europea per ridurre l’impatto sul clima anche delle attività agricole, e il PAC, il patto agricolo comune che ha rafforzato drasticamente i vincoli ambientali. C’è dunque una resistenza da parte dei contadini ad adottare pratiche più ecologiche? “Non credo”, risponde Luca Iacoboni, esperto di strategie di decarbonizzazione presso l’ECCO, un istituto di ricerca italiano sul cambiamento climatico. “Nei vari Paesi, a volte le proteste sono state legate a specifiche questioni nazionali”.

Secondo Iacoboni, “Il problema non sono gli obiettivi, né la transizione energetica, che è di per sé un’opportunità”, ma il modo in cui questi obiettivi vengono applicati dai singoli governi. “Devono essere considerati sempre tutti gli impatti delle misure, anche indiretti, sul tessuto sociale” e messi a disposizione “adeguati fondi per supportare la transizione”. Il tutto per supportare un settore già sotto stress a causa dei cambiamenti climatici che stanno portando ad alluvioni e siccità.

Unione svizzera dei contadini: “In Svizzera la situazione è migliore”

L’unione svizzera dei contadini (USC) comprende e condivide la frustrazione del mondo agricolo europeo, che definisce come “angoscia esistenziale”. La situazione in Svizzera, però, “è migliore”, spiega Markus Ritter, presidente dell’USC. Le principali difficoltà del settore in Svizzera sono legate ai costi di produzione, per i quali i prezzi non sono ancora stati adeguati.

“Abbiamo dei problemi, ma anche un accesso migliore alle discussioni politiche e un miglior dialogo con i nostri partner di mercato”. E aggiunge che le ultime elezioni hanno aiutato a raggiungere una buona rappresentanza: oggi 1 deputato su 10 viene dal settore agricolo. Una percentuale molto alta rispetto, per esempio alla Germania, dove sono 6 su 700.

Parlando di aiuti al settore, proprio ieri si è conclusa la consultazione sui limiti di spesa per il 2026-2029 e il Consiglio federale intende sostenere il settore nella sfida al cambiamento climatico, ma limitando i pagamenti diretti. Inoltre, ridurrebbe di circa 350 milioni di franchi le spese per il settore. Contro questa possibilità il sostegno, afferma Ritter, è grande: “Cantoni, organizzazioni agricoli e anche le associazioni imprenditoriali sostengono il punto di vista dell’USC”. Per il presidente di quest’ultima il Consiglio federale proporrà quindi al Parlamento un testo ragionevole.

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