La presenza in Turchia di circa tre milioni di rifugiati siriani è questione di grande importanza politica e sociale. La grave crisi economica che colpisce il Paese ha comportato la crescita di un sentimento anti-migranti e, dalla caduta del regime di Bashar al-Assad, il governo turco ha sviluppato politiche idonee a favorire - quando non forzare - il rimpatrio dei siriani.
Il personale addetto alla gestione delle frontiere è stato potenziato e la procedura di uscita dai confini ha subito variazioni. All’inizio, ai siriani che uscivano veniva ritirato il permesso di soggiorno e non potevano rientrare, ora la normativa è cambiata e prevede la possibilità di uscire e rientrare tre volte, prima del ritiro del permesso di soggiorno e della perdita dello status di rifugiato; questo per aiutare le famiglie e valutare meglio la situazione.
Molti siriani scappati dalla guerra ed entrati in Turchia a partire dal 2011 si sono creati nuove vite, hanno aperto attività commerciali; molti dei loro figli sono nati in Turchia e la grande voglia di ritornare in Siria confligge spesso con le ragioni di opportunità, data l’incertezza sul futuro assetto politico e sociale nel loro Paese. Tra coloro che non hanno voluto attendere abbiamo conosciuto e intervistato l’artista curdo siriano Givara Haji. Fuggito da Sheikh Maqsoud - il quartiere di Aleppo dove è nato e cresciuto - a 17 anni, vi ha fatto ritorno 10 anni dopo. La sua missione è quella di usare la sua arte - e le sue notevoli doti comunicative - per ri-connettere le diverse anime ferite e separate della sua amata città.
Sheikh Maqsoud, enclave ad Aleppo - di Italo Rondinella
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A due anni dal terremoto in Siria e Turchia
SEIDISERA 06.02.2025, 18:00
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