Reportage

La Siria di oggi anche grazie a Padre dall’Oglio

L’eredità di un uomo che si è speso fino agli estremi e le speranze di chi gli è succeduto

  • Oggi, 13:45
04:16

Siria: fra sicurezza, paure, e conflitti intestini

SEIDISERA 31.01.2025, 18:00

  • RSI Naima Chicherio
Di: Naima Chicherio, inviata RSI in Siria e Libano

Al Monastero di Mar Musa lo sapevano che prima o poi qualcosa sarebbe successo, che qualcosa sarebbe cambiato. Sul momento e sulle modalità, si sono però fatti sorprendere anche i sei monaci - due sorelle e quattro fratelli – e gli altri abitanti, che nel bel mezzo del deserto siriano, dopo aver ricevuto la notizia della caduta di Bashar al-Assad, hanno ribattezzato l’8 gennaio da Immacolata concezione a Immacolata liberazione.

“È stato come se mi avessero tolto una pietra da macina dal petto. Ora si può parlare, criticare. Non c’è più il tiranno. Non c’è più il mostro”. E questo, secondo Abuna Jihad – il Superiore del Monastero – è frutto anche del lavoro di Padre dall’Oglio, che fino al giorno del suo rapimento, si è tanto speso per il popolo siriano. “

“Lui diceva sempre che non poteva immaginare la sua vita, il suo riposo, di fronte ai giovani che dal 2011 vanno in piazza a manifestare, alla gente che viene uccisa dai barili, dagli aerei e dall’artiglieria russa e siriana, degli iraniani e di Hezbollah”, racconta Jihad ai microfoni della RSI. “Non sappiamo se sia morto o vivo. Quando hanno liberato i prigionieri a Damasco, a Saydnaya e nelle altre galere del regime, abbiamo sperato di avere nuove notizie. Una delle ipotesi è che sia stato detenuto dal regime, scambiato o comprato dall’Isis o altre fazioni armate o anche dai curdi”. Perché in questa sporca guerra, di scambi fra nemici ce ne sono stati. Nulla. Di Padre Paolo dall’Oglio, oggi, ancora nessuna traccia.

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Abuna Jihad – il Superiore del Monastero

  • RSI Naima Chicherio

Padre Paolo aveva lasciato Mar Musa, da lui rifondata all’inizio degli anni ’90, per poter essere libero di criticare la dittatura senza mettere nei guai la comunità. Nel 2013 se ne perdono le tracce a Raqqa, dove stava facendo da mediatore fra curdi e jihadisti per evitare una guerra e lavorava affinché un gruppo di ostaggi venisse liberato dall’allora ISIS. Ma è stato rapito anche lui. Sapeva che il rischio c’era, che poteva morire, ma era pronto a tutto per la “patria sposa”, come usava chiamarla.

“Oggi la libertà c’è. È un dono di Dio che però va custodito e mantenuto”. Ed à anche un’occasione d’oro per tutti noi, in Siria ci sono cristiani, musulmani, curdi arabi, armeni, qualcuno di origine greca, circassi, drusi, non possiamo cedere al fazionismo. Nessuno ha il diritto di sprecarla perché è storica e unica”.

Paolo Dall'Oglio

Paolo Dall'Oglio

  • gesuiti.it

Ed è, secondo il Superiore della comunità, un’occasione anche per l’Europa. “Non deve venire a proteggere i cristiani dai musulmani, ma aiutare noi siriani diversi e divisi a dialogare per vivere insieme mettendo al primo posto il bene dei siriani”. Un aiuto sincero, ma anche un modo per pentirsi di promesse che, dalla fine dell’impero ottomano, sono cadute nel vuoto e per quelle politiche internazionali immorali in Medioriente per cui siamo stati trattati come pozzi da prosciugare.

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