La procura di Roma che indaga da tre anni sul rapimento e l'omicidio di Giulio Regeni, ha rotto gli indugi e davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del ricercatore italiano, trovato senza vita il 3 febbraio del 2016, ha denunciato i tentativi di insabbiare le indagini messi in atto da alti funzionari delle forze di sicurezza del Cairo e le torture cui è stato sottoposto Giulio per giorni, “in più fasi”.
Si tratta di un vero atto d'accusa agli apparati egiziani e in particolare alla National security, i servizi di sicurezza interna. L'autopsia svolta in Italia ha infatti dimostrato che le sevizie sono avvenute tra il 25 e il 31 gennaio e i medici legali hanno riscontrato varie fratture e ferite compatibili con colpi sferrati con calci, pugni, bastoni e mazze. Il giovane è morto, presumibilmente il 1° febbraio, per la rottura dell'osso del collo.
Secondo le autorità italiane Regeni è stato tradito sia da chi frequentava, sia da chi lo aiutava nelle sue ricerche universitarie, ossia un sindacalista degli ambulanti e l’amica Noura Wahby che lo aiutava nelle traduzioni.