L'esercito regolare sudanese ha bombardato le basi della forza paramilitare di reazione rapida (RSF), che sabato aveva tentato il golpe attaccando le caserme delle forze armate e i centri nevralgici dello Stato. Tra proclami e controproclami di vittoria, la situazione è ancora caotica, ma sembra che le forze regolari - che hanno resistito al primo attacco - stiano consolidando le loro posizioni.
Scontri e bombardamenti sporadici sono segnalati in prossimità delle caserme, all'aeroporto e in altri luoghi strategici, come la sede della televisione pubblica, che a metà pomeriggio ha sospeso le trasmissioni. Colpito anche l'ufficio della televisione Al-Arabya.
Il conflitto ha già fatto decine di vittime. Un bilancio certamente incompleto diffuso nel pomeriggio dall'associazione dei medici parlava di oltre sessanta morti e quasi 700 feriti tra i civili, oltre ad un numero imprecisato di perdite tra i militari delle due parti.
Scontri si registrano in varie località del paese. Il Programma alimentare mondiale (WFP) ha sospeso le operazioni dopo che tre dei suoi dipendenti sono stati uccisi nel Darfur.
Cresce la pressione diplomatica
Il segretario generale dell'ONU, il segretario di stato USA, l'alto rappresentante UE per la politica estera, i capi della Lega araba e dell'Unione africana hanno chiesto la cessazione delle ostilità. Il Consiglio di sicurezza discuterà domani della crisi, che si è invitata anche sul tavolo dei capi delle diplomazie del G7 riuniti in Giappone. Anche diversi Stati arabi si sono espressi in tal senso.
Ma le parti hanno lasciato intendere di non essere più disposte a negoziare. Da mesi si discuteva dell'integrazione nell'esercito regolare dei paramilitari della RSF, che trae origine dalle milizie Janjaweed responsabili di massacri in Darfur. Ora il comandante dell'esercito regolare e leader di fatto del Sudan, generale Abdel Fattah Burhan, parla delle RSF come di una milizia ribelle da liquidare ed ha invitato il loro leader, il generale Mohammed Hamdan Dagalo, ad arrendersi. Dagalo ha risposto escludendo negoziati e chiedendo a Burhan di accettare la sconfitta.
Indipendente dal 1950, il Sudan (già protettorato anglo-egiziano) ha conosciuto una lunga serie di colpi di stato militari e conflitti civili, tra cui quello - durato oltre un decennio - che nel 2012 ha portato alla secessione del Sud Sudan.
Sudan, il conflitto si aggrava
Telegiornale 16.04.2023, 12:30