Il conflitto in Ucraina iniziato con l’invasione russa del 24 febbraio è giunto al 150esimo giorno di guerra e non se ne vede la fine. La Russia continua in quella che chiama una “operazione speciale”, i cui obbiettivi militari non sono ben definiti, e l’Ucraina si difende con l’aiuto dell’Occidente che fornisce supporto sia militare che economico. Il bilancio delle vittime è provvisorio e incompleto, ma conta decine di migliaia di morti militari da entrambe le parti, anche se non ci sono fonti ufficiali: le ultime cifre fornite dagli Stati Uniti hanno indicato in circa 15'000 le perdite russe, quasi 40’000 invece secondo l’Ucraina, mentre sul lato di Kiev non ci sono numeri, coperti dal segreto militare e dalla censura. L’ultimo bollettino di fine giugno delle Nazioni Unite ha segnalato 4’731 vittime civili verificate, ma il numero reale è maggiore.
La situazione
La Russia ha occupato praticamente oltre un quinto del territorio ucraino, considerando le zone controllate dal 2014-2015, dopo l’inizio della guerra nel Donbass, ossia parte degli oblast di Lugansk e Donetsk, più l’intera Crimea. Mosca ha creato un corridoio proprio dal Donbass sino alla penisola sul Mar Nero, conquistando il territorio di Kerson e parte di quello di Zaporizha; più a nord parte di quello di Kharkiv è in mano russa. Le operazioni militari si concentrano in questa fase del conflitto nel Donbass, con le truppe del Cremlino che puntano a conquistare l’intera regione di Donetsk, dove le roccaforti ucraine rimaste sono quelle di Sloviansk e Kramatorsk. L’avanzata russa è lenta, ma costante. Mosca mantiene la pressione su tutto il paese con bombardamenti a distanza che da un lato hanno obbiettivi strategici, dall’altro servono alla destabilizzazione, sociale e politica. L’Ucraina è dipendente dai rifornimenti di armi occidentali, che permettono di rallentare l’offensiva russa, e Kiev ha promesso il recupero dei territori perduti, anche se spesso le dichiarazioni si confondono con la propaganda. Fonti ucraine hanno parlato recentemente di una prossima controffensiva al sud, la battaglia più dura si sta combattendo però nel Donbass.
Ucraina, 150 giorni di guerra
Telegiornale 23.07.2022, 14:30
Le trattative
Sia Mosca che Kiev sono ancora convinte di risolvere a proprio favore la guerra. È per questo che le trattative di fatto sono bloccate. La Russia ha il vantaggio di avere una posizione sul terreno al momento favorevole, ma gli obbiettivi territoriali di Mosca vanno oltre il Donbass; l’Ucraina ritiene possibile il ribaltamento della situazione con maggiori aiuti occidentali, ma la posizione degli Stati Uniti e delle cancellerie europee su questo punto non è univoca. Per ora in ogni caso la strategia di entrambi i contendenti non cambia e i due presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky si sono rimbalzati la responsabilità su chi davvero non voglia negoziare. Il recente accordo sul grano mediato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia è il segnale che in ogni caso i canali sono aperti e su questioni precise si possono raggiungere compromessi, ma per una cessazione del conflitto adesso non paiono esserci possibilità. Il Cremlino, dopo aver accantonato già dopo poche settimane di guerra l’obbiettivo di Kiev e la destituzione del presidente ucraino, sembra stia predisponendo la Russia a un conflitto di lungo corso: alle sanzioni occidentali sta rispondendo con l’arma energetica e se anche su questo terreno sul breve periodo non pare esserci spazio per trattative, sul medio e lungo le opzioni sono aperte. Resta da vedere fino a dove, geograficamente e politicamente, l’Ucraina potrà resistere.
Le prospettive
Al di là della tregua militare, temporanea o duratura, che prima o poi arriverà, probabilmente in vista dell’inverno che congelerà o comunque rallenterà il ritmo del conflitto, è poi buio completo su quale potrà essere la soluzione politica di una guerra che sta modificando i confini dell’ex repubblica sovietica dopo averlo già fatto nel 2014. Se per Mosca la questione può anche non porsi, alla luce dei conflitti congelati nello spazio postsovietico che negli ultimi trent’anni hanno mostrato come le soluzioni provvisorie diventano permanenti, dal Caucaso (Georgia, Armenia e Azerbaijan) al cuore dell’Europa (Moldavia e Transnistria) sull’altro fronte non sembra esserci una vera strategia di risposta: in altre parole l’Occidente, oltre a dover gestire gli effetti economici, finanziari e sociali della guerra sentiti maggiormente in Europa che altrove, deve ancora sviluppare un piano, che vada oltre la speranza dell’efficacia delle sanzioni e di un cambio di regime a Mosca, per affrontare il prossimo futuro con l’Ucraina, paese di oltre 40 milioni di abitanti nel cuore del continente, lacerata e al centro di un duello tra Russia e Stati Uniti che mina appunto la sicurezza europea.
Raggiunto l'accordo sull'export di grano
Telegiornale 22.07.2022, 14:30