Il più grande scambio di prigionieri tra Russia e Occidente dai tempi della Guerra fredda è avvenuto in un momento in cui i rapporti tra gli attori in campo è probabilmente al minimo storico. L’invasione dell’Ucraina cominciata quasi novecento giorni fa ha allargato la spaccatura che si era aperta nel 2014 con il cambio di regime a Kiev, l’annessione della Crimea e l’inizio della guerra nel Donbass. Dal febbraio del 2022 una serie di pacchetti di sanzioni politiche ed economiche ha portato le relazioni tra Russia da una parte e Stati Uniti ed Unione Europea dall’altra a prosciugarsi al di sotto dello stretto necessario, con solo i canali militari aperti tra Mosca e Washington per evitare incomprensioni e incidenti. In questo contesto l’operazione che ha coinvolto 26 prigionieri e sette paesi rappresenta un evento straordinario.
Operazione win-win
Gli scambi di prigionieri sono tradizionalmente iniziative che soddisfano entrambe le parti e anche questo non fa eccezione: negli Stati Uniti che hanno riportato a casa tra gli altri il reporter del Wall Street Journal Evan Gerskhovich e l’ex marine Paul Whelan, il presidente Joe Biden ha parlato di una vera e propria impresa diplomatica. In Russia Vladimir Putin ha riaccolto Vadim Krasikov, condannato in Germania per omicidio, e una serie di altri agenti incarcerati tra Norvegia, Germania e USA; in più si è liberato allo stesso tempo di detenuti politici scomodi, come Vladimir Kara Murza e Ilya Yashin, depotenziando anche simbolicamente l’opposizione interna.
La Germania del cancelliere Olaf Scholz ha recuperato dalla Bielorussia Nico Krieger, accusato di terrorismo, condannato a morte e graziato nel giro di una settimana; il Governo federale di Berlino ha ammesso anche di non aver preso questa decisione alla leggera, dichiarando che l’interesse dello Stato nell’esecuzione della pena detentiva di un criminale condannato, cioè Krasikov, è stato controbilanciato comunque dalla libertà delle persone innocenti imprigionate in Russia. Tra i vincitori c’è anche il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, con Ankara che è stato il teatro concreto dello storico scambio.
Valenza politica
Al di là però di come internamente, in ogni paese coinvolto, viene presentata l’operazione, che ha avuto in ogni caso una lunga gestazione ed è la seconda grande puntata dopo quella che ha visto protagonisti di scambio poco dopo l’inizio della guerra la cestista statunitense Brittny Griner e il mercante d’armi russo Victor But, va appunto sottolineata l’importanza del momento in cui essa è stata portata a termine. Già all’inizio di quest’anno si erano rincorse le voci tra il Cremlino e le cancellerie occidentali di un possibile accordo su uno scambio di prigionieri che avrebbe potuto coinvolgere anche Alexey Navalny; la morte improvvisa dell’oppositore di Putin aveva poi congelato il progetto. Il dato costante è quello dei canali di comunicazione sempre attivi tra Russia e Stati Uniti nella difficile cornice della guerra in Ucraina. Nonostante quella che può essere definita una proxy war, un conflitto per procura tra Mosca e la NATO, il Cremlino e la Casa Bianca hanno lasciato lavorare la diplomazia più stretta per raggiungere l’accordo. L’intesa raggiunta, e in queste dimensioni, ha dunque una valenza anche politica.
Approccio pragmatico
Dopo il fallimento della controffensiva ucraina la scorsa estate, con la Russia che tiene saldamente in mano l’iniziativa su tutto il fronte da più di un anno, nel contesto internazionale in cui dopo la conferenza al Bürgenstock si sono delineati due precisi schieramenti e soprattutto in vista delle prossime elezioni negli Stati Uniti è chiaro che lo scambio di prigionieri non è un episodio a sé, ma indica l’approccio pragmatico che da un dossier specifico può essere declinato in maniera più ampia: in sostanza è l’esempio che Cremlino e Casa Bianca sono in grado di trovare un’intesa. La questione della risoluzione del conflitto ucraino è infinitamente più complicata, ma è proprio il momento a suggerire la speranza che i prossimi mesi possano condurre all’apertura di un dialogo. Il maxi scambio è solo un tassello di un puzzle più complesso che può essere completato in futuro seguendo la medesima strategia, in cui gli Stati Uniti saranno comunque decisivi nell’influenzare le mosse dell’Ucraina.
Scambio di prigionieri tra Russia e Stati Uniti
Telegiornale 01.08.2024, 19:35