Non una commemorazione, ma un evento per ricordare il mancato ritorno nei villaggi e nelle case palestinesi dal 1948, quando, nella cosiddetta Nakba (in arabo “la catastrofe”), gli israeliani espulsero gli abitanti locali al momento della nascita dello Stato Ebraico. È quanto successo martedì, 14 maggio (giorno dell’indipendenza), in Israele, dove migliaia di palestinesi-israeliani hanno partecipato a una marcia simbolica a Shefa-Amr, nei pressi di Haifa.
“Questa non è una protesta, ma una marcia pacifica. Vogliamo dire che non dimenticheremo mai”, dice ai microfoni della RSI una ragazza alludendo all’esodo di settant’anni prima. “Nel 1948 - aggiunge una studentessa - la gente poteva almeno fuggire attraverso i confini. Gaza oggi invece è una prigione a cielo aperto e i palestinesi non possono scappare da nessuna parte”.
Una situazione che sembra ripetersi anche fuori dalle mura di Gaza, dove i palestinesi non riescono a trovare pace. “Molti di noi - racconta Touma Sliman, deputata arabo-israeliana - sono palestinesi che sono stati sfollati all’interno delle proprie terre. Persino oggi, come cittadini israeliani non possiamo fare ritorno ai nostri villaggi e riportarli in vita”.
Così conferma pura Mahmoud Soboh, sfollato dal vicino villaggio di al Qusair. “Quello che è successo alla mia famiglia nel 1948 è successo a molte altre famiglie”, spiega Mahmoud. “52 villaggi sono stati distrutti nella zona di Haifa”, spiega: “Stiamo facendo del nostro meglio per tornare alle nostre case. Malgrado il dolore, c’è speranza”.
A fianco della marcia, nelle stesse ore nel resto di Israele si è invece celebrata la festa dell’Indipendenza. Un momento non di gioia ma di protesta per le famiglie degli ostaggi israeliani a Gaza, che chiedono - ormai da 8 mesi - che il governo li riporti a casa.
Tel Aviv, in diretta il nostro inviato
Telegiornale 14.05.2024, 20:00