A poco meno di un mese dall’apertura ufficiale della campagna elettorale, prevista per il 5 dicembre, il blocco indipendentista inizia ad affilare le armi per tentare nuovamente di imporsi alle urne, come già successo nel settembre 2015. La posta in palio è altissima: il futuro prossimo della Catalogna dipende in buona parte dal risultato delle elezioni regionali. Mariano Rajoy, presente nei giorni scorsi a Barcellona per presentare ufficialmente Xavier Garcia Albiol come candidato del Partito Popolare, ha invitato la “maggioranza silenziosa” dei catalani a votare in massa per mettere fine alla crociata indipendentista.
Gli arresti degli ex consiglieri del Governo catalano, così come l’auto-esilio di Carles Puigdemont e dei suoi quattro fedelissimi in Belgio, hanno avuto inevitabili ripercussioni sulle strategie dei partiti indipendentisti, decisi a partecipare alle elezioni, ma tentando di affermarsi singolarmente. La proposta di Puigdemont di formare un'unica lista dove far confluire tutte le formazioni indipendentiste è naufragata sul nascere, segnando il tramonto della colazione “JuntspelSi” che si era affermata alle ultime elezioni regionali.
Esquerra Republicana, partito di marcata indole separatista, appare favorita nei sondaggi ed ha annunciato di voler presentare come capilista per la città di Barcellona l’ex vice presidente Junqueras e l’ex ministro degli esteri catalano Romeva, attualmente in carcere.
Un risultato, quello delle elezioni del 21 dicembre, che inciderà pesantemente anche sulla stabilità economica della Catalogna. Secondo i dati forniti dal registro delle imprese spagnolo, sono oltre 2000 le imprese che hanno già trasferito la propria sede sociale fuori dai confini regionali.
Mario Magarò