#lameteospiegata

Fischia il vento… ma quale vento?

Come si forma il vento? Cosa sono il Verzaschino o il Munscendrin? Che cos'è il Downburst? Può soffiare a 400 km/h? La quattordicesima puntata de #lameteospiegata

  • 31 agosto 2023, 10:39
  • 5 febbraio, 19:03
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"Non è necessario temere il vento se i tuoi covoni di fieno sono legati" - Proverbio turco

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Di: Dario Lanfranconi 

Godi, se il vento ch'entra nel pomario / vi rimena l'ondata della vita”. “O rabido ventare di scirocco / che l’arsiccio terreno gialloverde bruci”. No, non vogliamo proporvi un approfondimento sulle poesie dell’indimenticato Eugenio Montale, quanto piuttosto servirci di lui per introdurre il nuovo tema de #lameteospiegata, la serie di approfondimenti meteorologici di RSINews in collaborazione con MeteoSvizzera.

Già Montale, come già altri prima di lui, aveva infatti intuito e messo nero su bianco la duplice natura del vento – eccolo qui il nostro tema per chi ancora non lo avesse capito – e del suo rapporto con l’essere umano: gradito ospite e portatore di vita nel primo caso (In Limine, 1925), rabbioso e dannoso nel secondo (L’agave sullo scoglio, 1925). Ma lasciamoci ora gli Ossi di Seppia montaliani alle spalle per tuffarci a capofitto nella meteorologia… e come spesso in questa serie, a guidarci tra turbolenze e brezze sarà l’esperienza del meteorologo Luca Nisi.

Che cos’è il vento e quali sono le sue cause

Partiamo come sempre dal principio: il vento è un movimento di una massa d’aria. “Infatti anche l’aria ha un suo volume e una sua massa ed è composta da particelle di vari gas, vapore acqueo e particelle in sospensione - spiega Luca Nisi - Con il loro movimento queste particelle esercitano un attrito in grado di sollevare polvere, muovere foglie, sradicare alberi o addirittura scoperchiare case. Il vento sul nostro pianeta è prevalentemente orizzontale, è per questo motivo che con la parola “vento” si indicano gli spostamenti orizzontali dell’aria. I movimenti verticali dell’aria sono invece più rari: si verificano quando l’aria è forzata a salire verso l’alto, perché incontra un ostacolo oppure a causa della spinta di galleggiamento: l’aria calda è più leggera di quella fredda e tende a salire. Questi movimenti prendono il nome di moti convettivi, e sono il motore principale dei temporali come abbiamo già visto in altre puntate”.

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Vento e tempo libero, un binomio per molti irrinunciabile - Nella foto un kitesurfer vola letteralmente a Tarifa, in Spagna

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Tornando al moto orizzontale dell’aria, la causa – anche in questo caso come già visto nella puntata sulla circolazione atmosferica globale – è da ricercare nella differenza di pressione: “L’aria tende a muoversi da una zona con alta pressione a una zona con bassa pressione. La natura infatti, come spesso osserviamo in meteorologia, cerca di portare una situazione di disequilibrio nuovamente in equilibrio. Pensate ad esempio alla camera d’aria di una bicicletta: se è gonfia, al suo interno la pressione è molto alta rispetto a quella esterna. Se la buchiamo, l’aria esce nell’atmosfera fino a quando la pressione all’interno di essa non è uguale a quella esterna…il principio è lo stesso. Se allarghiamo la scala e pensiamo all’atmosfera, se non ci fosse il movimento della Terra sul proprio asse, i movimenti delle masse d’aria andrebbero dalle zone di alta pressione a quelle di bassa pressione e il tutto si equilibrerebbe molto velocemente, proprio come con la camera d’aria. La rotazione della Terra però c’è, non possiamo farne astrazione e causa la forza di Coriolis, che assieme ad altre forze in gioco, rende il movimento delle masse d’aria molto, ma molto più complesso…” spiega Luca Nisi.

Come viene misurato il vento

Il vento convenzionalmente viene misurato con l’anemometro, ad una altezza standard di 10 metri e lo strumento tradizionale per la misurazione è l’anemometro a coppe. “La frequenza di rotazione dell’anemometro a coppe è proporzionale alla velocità del vento: in questo modo possiamo facilmente derivare la velocità in km/h. Per determinare invece la direzione del vento, che in meteorologia è la direzione cardinale da dove proviene il vento e non dove va, è utilizzata una banderuola: la posizione della banderuola è determinata da un potenziometro, da cui può essere derivata la direzione in gradi cardinali. Ci sono poi degli anemometri più moderni, quelli ad ultrasuoni: anche MeteoSvizzera utilizza questi strumenti, specialmente in montagna dove le condizioni possono essere talvolta estreme a causa della presenza di neve e ghiaccio, e dove il più tradizionale anemometro a coppe può incontrare qualche difficoltà. Questi anemometri sono dotati di due coppie di sensori ad ultrasuoni, allineati perpendicolarmente. Come molti di voi avranno già avuto modo di notare, anche l’onda sonora è influenzata dal movimento delle masse d’aria. Ad esempio, soprattutto nelle vallate, il rumore di un fiume, di una cascata o della ferrovia può essere influenzato dalla direzione e dell’intensità del vento: in generale sopravento il rumore sarà meno intenso, sottovento sarà invece più udibile. Allo stesso modo, il transito dei segnali a ultrasuoni tra i singoli sensori vengono influenzati dal movimento dell’aria. Analizzando le differenze del tempo di transito dei segnali tra i singoli sensori si può dunque derivare sia la direzione che la velocità del vento in modo accurato. Se poi una coppia di questi anemometri vengono posizionati perpendicolarmente l’un l’altro - come spesso capita negli aeroporti - si riesce anche a misurare la componente verticale del vento e quindi la turbolenza”.

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Un ricercatore dell'Istituto federale per lo studio della neve e delle valanghe di Davos, legge i dati dell'anemometro a coppi davanti alla stazione sul Weissfluhjoch, nel gennaio del 1953

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In passato, quando non esistevano ancora gli anemometri, l’intensità del vento poteva venir stimata tramite una scala, che sicuramente tutti avranno sentito nominare almeno una volta: la Scala Beaufort. Si tratta di una misura empirica e non basata sugli strumenti e l’intensità del vento viene derivata tramite gli effetti sulla natura e sugli oggetti. Si parte dal movimento delle foglie degli alberi (7-11 km/h, scala Beaufort 2) fino ad arrivare ai danni ingenti ed estesi alle strutture (velocità superiore a 117 km/h, scala Beaufort 12). Per quanto riguarda la nostra realtà, nel bollettino meteorologico i previsori di MeteoSvizzera utilizzano una codifica basata su 5 intensità: debole, moderato, forte, tempestoso e ciclonico.

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La classificazione del vento utilizzata da MeteoSvizzera per le basse quote

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La classificazione del vento utilizzata da MeteoSvizzera per la montagna

  • MeteoSvizzera

Sulle cartine meteorologiche l’intensità del vento può inoltre venir rappresentata tramite una scala di colori o tramite dei simboli, anche definite “barbule”. “Questo particolare termine deriva dall’ornitologia: per definizione una barbula è una ‘diramazione perpendicolare della barba della penna degli uccelli, provvista o no di uncini che si agganciano con quelli della barbula contigua’. In modo simile, in meteorologia, le barbule sono composte da una linea retta di una lunghezza standard che indica la direzione del vento. Sulla parte finale di questa linea retta, ovvero nella direzione da dove deriva il vento, l’intensità è codificata con delle linee rette oblique o triangolini che sono direzionati verso la zona di bassa pressione. Una mezza linea corrisponde a 5 nodi, una linea intera a 10 nodi e un triangolino a 50 nodi (1 nodo = 1,852 km/h). A parole risulta abbastanza complesso, lo si capisce decisamente meglio con un esempio grafico.

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I segni utilizzati per indicare la direzione di provenienza del vento e la velocità

Dal locale al globale: la classificazione dei venti

In generale i venti vengono classificati in cinque grandi famiglie: i venti costanti, quelli periodici, quelli da una direzione fissa ma più irregolari in frequenza e intensità, quelli dove l’influsso orografico gioca un ruolo fondamentale e quelli locali. “A un vento è assegnato un nome proprio (ce ne sono davvero moltissimi) in base alla sua provenienza, alle caratteristiche della massa d’aria (calda, fredda, umida o secca), alla zona dove è presente e in parte anche in base alla sua intensità. Il vento da nord può essere per esempio allo stesso tempo il maestrale sul Mar Ligure e Tirrenico, favonio da nord nelle vallate alpine e bora nell’Adriatico settentrionale. Il favonio può provenire da tutte le direzioni, in quanto è una corrente che si forma nel versante “sottovento”, come già visto nella puntata proprio dedicata a questo vento particolare che ci tocca da vicino".

In Svizzera, oltre al favonio possiamo citare anche qualche vento ben conosciuto soprattutto a nord delle Alpi:

La bise: è un vento proveniente da nord-est che soffia specialmente sull’Altopiano. In estate la bise porta aria secca e temperature solitamente usuali per la stagione. In inverno l’aria fredda e relativamente umida della bise favorisce la formazione di nuvolosità a bassa quota. La bise si sviluppa quando un’area di alta pressione si trova sulle zone settentrionali del Centro o Nord Europa e un’area di bassa pressione sul Mediterraneo. La zona di alta pressione impedisce che le depressioni provenienti dall’Atlantico entrino sull’Europa e convoglia una corrente da est o nord-est sul suo margine meridionale, interessando anche la regione alpina e la Svizzera.

Joran: a dipendenza della posizione delle aree di alta e bassa pressione sul continente europeo il vento in Svizzera può soffiare da diverse direzioni. Quando il vento soffia da nordovest o da nord, l’aria che arriva in Svizzera è più fredda e meno umida rispetto alle classiche correnti da ovest. Se le correnti nord-occidentali sospingono un fronte freddo verso le Alpi, l’aria fredda scavalca le montagne del Giura e scende lungo i suoi versanti meridionali generando in parte forti raffiche. Questo vento da nord-ovest è molto localizzato ed è denominato Joran.

Scirocco: quando invece abbiamo un’area di bassa pressione sull’Europa occidentale e una di alta pressione sull’Europa orientale, le correnti soffiano sulle Alpi dal settore sud. In queste situazioni l’aria che affluisce è umida e mite, provenendo in buona parte dall’area mediterranea. Sull’Italia spesso soffia lo scirocco, che quando è particolarmente intenso riesce anche a raggiungere il Ticino, favorendo spesso lo sviluppo di forti precipitazioni.

Tramontana: è una brezza di terra e di monte che soffia il mattino presto, scendendo dai pendii verso il lago.

Inverna: la troviamo sul Verbano ed è un vento apprezzato dai velisti. Essendo una brezza di lago si leva nel tardo mattino o all’inizio del pomeriggio e risale il lago. Il suo rinforzo o una sua formazione inconsueta preludono a un cambiamento del tempo.

Invernone: corrente da est che attraverso la Valpadana raggiungendo il Verbano, rinforzando l’inverna. È un ottimo indicatore di un cambiamento del tempo, verso un cielo nuvoloso, a volte anche con precipitazioni.

Marenca: vento raro, presente solo poche volte all’anno. Si tratta di aria proveniente dal mare che precede il brutto tempo e provoca onde lunghe e alte sul Verbano. A volte può scendere anche dal lago Delio. Eventualmente è un prolungamento del libeccio.

Valmaggino: è provocato dal vento da nord oppure quando è presente tempo perturbato in Valle Maggia. In questi casi delle forti raffiche interessano tutto il lago Verbano a nord di Luino.

Verzaschino: vento da nord provocato dalle discendenze di aria fredda in caso di temporali in alta Valle Verzasca, esso raggiunge il bacino superiore del lago Verbano in provenienza dalla Verzasca.

Montecenerino o “munscendrin”: vento generato da correnti da est o sudest che dal Monte Ceneri raggiungono il bacino superiore del lago Verbano con raffiche forti, producendo onde importanti.

Ghiridon: raro, vento catabatico dal Ghiridone, legato a fenomeni temporaleschi. È un vento pericoloso siccome scende con forti raffiche dalla montagna, perpendicolarmente al lago Verbano, a picco verso Brissago.

Maggiora: è il nome dato a Valmaggino e Montecenerino quando spirano contemporaneamente verso il Verbano. Foriero di tempesta, molto pericoloso, può causare onde alte e irregolari che possono superare il metro.

Breva: questo vento termico da sud spira regolarmente il pomeriggio in condizioni meteorologiche stabili. Equivale all’inverna sul Lago Maggiore ma si sviluppa sul Ceresio. Quando sulla pianura padana c’è brutto tempo esso può rafforzarsi notevolmente e provocare raffiche specialmente da Capolago verso nord.

Porlezzina: in caso di cattivo tempo o in preparazione di questo, spira da est sul Ceresio, da Porlezza verso Paradiso.

Caronasca: vento da sud, preludio di cambiamento del tempo, che dalla zona di Carona scende verso il golfo di Lugano. Può provocare onde alte sul lago Ceresio.

I venti occidentali: sono i venti predominanti da ovest che soffiano su larga scala alle medie latitudini, indicativamente tra 35° e 60°, sia nell’emisfero boreale che in quello australe. Anche la Svizzera è interessata da frequenti correnti da ovest, ma non sempre. Sono venti, anche se frequenti, relativamente irregolari, sia in direzione che in intensità. In meteorologia le correnti da ovest vengono indicate anche con l’aggettivo “zonale”, ovvero “corrente zonale”.

I venti anabatici e catabatici: sono venti legati alla presenza di orografia complessa o gradienti termici (differenze). In questa categoria rientrano le brezze o venti su una scala più grande che sono forzati a salire o scendere un versante di una montagna. Prendiamo l’esempio del favonio (già visto nella puntata dedicata de #lameteospiegata): nel versante dove lo sbarramento ha luogo (versante sopravento) la corrente è forzata a salire portando a condensazione (raffreddamento per decompressione) ed eventualmente alla formazione di precipitazioni. Questo vento è denominato anabatico. Sul versante sottovento dove l’aria scende scaldandosi per compressione, la corrente favonica che si forma è invece una corrente catabatica. Come scritto in precedenza anche forti contrasti termici possono innescare questo tipo di vento: famosi sono i venti catabatici, gelidi e tempestosi, che sono innescati dall’aria molto fredda che scende dagli altopiani della Groenlandia o in Antartide.

I venti locali: venti molto irregolari, tipici delle zone temperate, innescati dalle zone di bassa e alta pressione, nonché dalla loro interazione con la superficie terrestre. Come già anticipato, sono moltissimi e il loro nome dipende dalla regione dove spirano.

I venti costanti: come dice il loro nome sono venti estremamente regolari sia in frequenza si in direzione. Sono strettamente legati alla circolazione atmosferica globale, come già spiegato nella scorsa puntata. Ogni emisfero vanta di tre di questi venti: i venti polari nord orientali, i venti tropicali sudoccidentali e gli alisei nord orientali. Rispettivamente nell’emisfero sud troviamo: gli alisei sudorientali, venti tropicali nordoccidentali e i venti polari sudorientali.

Scendendo a una scala ancora più locale, anche in Ticino abbiamo diversi venti tipici:


Dal Mediterraneo al globo, un’infinità di venti e denominazioni

Se dalla lista “locale” riportata sopra c’è da notare come la maggior parte dei venti interessi delle zone presso il lago Maggiore o Ceresio, “se ci spostiamo nel bacino del Mediterraneo invece, a dimostrazione che il vento per la navigazione è un elemento molto importante (in passato lo era ancora di più), la lista dei tipi di vento si allunga a dismisura” commenta Nisi.

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I nomi dei principali venti nel Mediterraneo

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Forti venti sulla costa della Danimarca a febbraio 2023

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Scendendo la scala: le tipologie di brezze

La brezza è un vento generalmente debole e piuttosto regolare (anche se ci sono alcune eccezioni causate da particolari configurazioni orografiche), innescato da variazioni locali o regionali della pressione atmosferica causate da differenze di temperatura (causate loro stesse da differenze d’irraggiamento solare sulla superficie). “Le tipiche velocità delle brezze sono comprese tra i 7 e i 20 km/h, ma in alcuni luoghi può raggiungere anche i 30-40 km/h, come ad esempio – per quel che riguarda il Ticino – nella parte alta della val Riviera e nella zona di Cevio. La brezza è più intensa in condizioni anticicloniche e in assenza di altri venti locali. Si tratta di un vento con frequenza giornaliera, che tipicamente cambia direzione di 180° due volte durante le 24 ore”.

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Una manica a vento - mossa giusto da una brezza - fotografata a Reykjavik, in Islanda

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Nella regione alpina troviamo due tipologie di brezza: monte e valle (tipo di vento catabatico e anabatico). “Quando siamo in presenza di orografia, e quindi di rilievi, le differenze dell’irragiamento solare sulla superficie terrestre a causa dell’altitudine, dell’esposizione e dell’inclinazione creano delle differenze di temperatura e di pressione. All’alba solo le cime e i versanti delle montagne rivolti verso est ricevono radiazione solare. Con il trascorrere delle ore, via via anche le zone poste a quote più basse vengono riscaldate. L'aria calda risale quindi i pendii delle montagne e, “perdendo” aria, la pressione atmosferica sul fondovalle diminuisce richiamando altra aria “sostitutiva” dalla parte più bassa delle vallate. Si genera quindi un movimento d'aria dalla valle verso la montagna. Durante le ore notturne la situazione si inverte: l’aria in quota si raffredda più velocemente e l'aria fredda più pesante scivola verso il fondovalle.

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Come si interpretano le maniche a vento

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Infine, in presenza di grandi laghi o mari, abbiamo la brezza di mare e quella di terra. “La brezza marina, un vento diurno che spira nelle zone costiere dal mare verso terra, e causato dal diverso calore specifico dell’acqua rispetto al suolo terrestre. L'acqua, che ha un calore specifico più elevato rispetto al terreno, si riscalda e si raffredda più lentamente rispetto al suolo, che cede calore all'aria con una maggior rapidità. Di giorno quindi il terreno – scaldandosi velocemente – riscalda l'aria che lo sovrasta e questa tende ad innalzarsi con la spinta di galleggiamento, perché più leggera. Questo causa una diminuzione della pressione atmosferica a livello della superficie terrestre, di conseguenza l'aria che si trova sopra la superficie del mare, più fresca e in una zona a pressione maggiore si sposta verso la terraferma. È quel venticello molto apprezzato quando ci troviamo in spiaggia o in riva a un grosso lago. Anche in questo caso poi durante la notte la situazione s’inverte: il terreno si raffredda più velocemente del mare: la zona di bassa pressione si sviluppa quindi sopra l'acqua. Questa situazione genera un vento inverso, ovvero dalla terraferma verso il mare. Se andate in spiaggia alla sera, meglio se non vicino a una grossa città in quanto l’effetto isola calore disturba, impedisce o rallenta questa brezza, noterete questo vento caldo provenire dall’entroterra.

Downburst e Wind Shear, vediamoci chiaro

Downburst e wind shear, termini – in particolare il primo – sentiti a più riprese anche alle nostre latitudini, ad esempio in occasione dell’affondamento di una barca sul Verbano lo scorso maggio, ma anche nelle violenti raffiche che a luglio hanno colpito La Chaux-de-Fonds, sono termini differenti che indicano due processi atmosferici.

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Quattro persone morte sul Lago Maggiore

Telegiornale 29.05.2023, 12:30

Il Downburst è legato alle celle temporalesche: “Si tratta di raffiche discendenti dovute all'aria fredda, che scendono verso il suolo all’interno del temporale. Se l'aria fredda scende bruscamente, a velocità verticali di circa 70 km/h (più di 10 volte la velocità di un ascensore!), si parla di downburst. Quando l'aria è sufficientemente umida, queste raffiche possono essere caratterizzate da forti precipitazioni e tendono a trasportare la pioggia verso il suolo. Se invece negli strati inferiori l'aria è secca, i downburst sono detti appunto secchi e non sono necessariamente accompagnati da precipitazioni. Tuttavia, possono essere rilevati dalla polvere e dai detriti che fanno sollevare dal suolo. Questi eventi sono difficili da individuare in caso di forti precipitazioni e con una nube molto vicina al suolo, di solito sono svelati dai danni che provocano, ad esempio con tracce di schiacciamento al suolo o venti divergenti”.

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La Chaux-de-Fonds il giorno dopo

Telegiornale 25.07.2023, 12:30

Wind shear in italiano si traduce con gradiente del vento: “Ormai in meteorologia si usa molto l’inglese, per questo anche da noi si sente ogni tanto questo termina. Si tratta di un fenomeno atmosferico che consiste in una variazione dell’intensità del vento sullo spazio, in genere con l’aumento di quota. Per la formazione dei temporali forti, quelli che portano la grandine o addirittura le supercelle, è infatti vitale la presenza di un importante gradiente di vento. Di norma maggiore è questo gradiente, e più longeve sono le cellule temporalesche. In meteorologia aeronautica il gradiente di vento è anche utilizzato per descrivere un’improvvisa variazione della direzione e velocità del vento su una scala spaziale più piccola rispetto a quella descritta sopra. È un fenomeno molto pericoloso, causa di numerosi incidenti aerei.

Dati e record, ovvero quando soffia davvero forte

Come sempre, in presenza di fenomeni atmosferici particolari, cerchiamo di fare anche una panoramica dei dati e record registrati, partendo dal locale per raggiungere la scala globale. “Nella Svizzera italiana, quindi sul versante sudalpino e partendo dalla montagna, troviamo i 203,4 km/h registrati sul Pizzo Matro in Bassa Leventina il 22 novembre 1999, in una fase di vento da nord. Scendendo invece in pianura, si possono segnalare i 131,4 km/h registrati dalla stazione di Poschiavo/Robbia il 10 gennaio 2015, anche in questo caso con il favonio da nord. Il 4 luglio del 2000 invece a Lugano si sono raggiunti i 129,6 km/h in occasione di un temporale.

Allargando la scala a tutta la Svizzera i valori sono ancora più impressionanti: “Sempre partendo dalla montagna, il 27 febbraio 1990 sul Gran San Bernardo sono stati raggiunti addirittura i 268,2 km/h, in occasione della tempesta invernale Vivian. In pianura a svettare è invece Glarona, dove il 15 luglio 1985, durante un temporale, sono stati registrati 190,4 km/h, anche se… questo primato potrebbe vacillare: durante il già citato evento a La Chaux-de-Fonds (temporale), lo scorso 24 luglio una raffica ha raggiunto ben 217,4 km/h, ma il dato è ancora da convalidare ufficialmente, insomma ‘affaire à suivre’ come si dice”.

Infine, allargando l’orizzonte a tutto il globo, anche le importanti velocità fin qui segnalate impallidiscono a fronte dei 408 km/h registrati il 10 aprile del 1996 a sull’isola di Barrow, nell’Australia nordoccidentale”.

Venti e cambiamento climatico, una questione aperta

Come per i record, non può nemmeno mancare la domanda delle domande, affrontata per praticamente tutti i temi fin qui approfonditi: quale relazione intercorre tra l’evoluzione dei venti e il riscaldamento climatico? “E come spesso accade in questo senso, è molto difficile rispondere a questa domanda” premette Luca Nisi. “La letteratura scientifica in merito è molto scarsa. Per i venti locali possiamo affermare con sicurezza che la questione resta aperta e sarà l’analisi della frequenza dei singoli eventi (per esempio fasi di favonio, scirocco, bise, ecc.) nei decenni a seguire che eventualmente ci daranno un’indicazione. Ad oggi non ci sono tendenze statisticamente significative e quindi per il momento i dati ci suggeriscono che non ci sono relazioni, almeno in modo diretto e immediato”.

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Tipica situazione con vento da ovest con le zone di alta pressione (H) sulle Azzorre e sul Mediterraneo e le zone di bassa pressione (T) sulle regioni settentrionali del Nord Atlantico e del Nord Europa

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La situazione su scala globale, seppur lo sguardo resti rivolto al futuro, potrebbe essere differente: “Per i venti legati alla circolazione globale invece, a causa dei cambiamenti delle differenze di temperatura tra equatore e polo (le zone polari si stanno scaldando a un ritmo decisamente maggiore) la possibilità di modifiche statisticamente significative per il futuro è reale. In ogni caso anche in questo campo c’è ancora molta incertezza anche se gli studi scientifici, grazie al costante miglioramento dei modelli climatologici, procedono con delle analisi sempre più dettagliate e complete, ma al momento è ancora prematuro esprimersi”.

Nave Eye of the wind alla Hanse sail maritime festival a Rostock-Warnemünde germania 2023_keystone_LOGO.png

Il veliero Eye of the wind al "Hanse sail maritime festival" a Rostock-Warnemünde, in Germania

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L’essere umano e il vento, un rapporto in costante evoluzione

Ci siamo infine noi, intesi come esseri umani, che con il vento abbiamo da sempre avuto un rapporto di amore-odio, come già ben illustrato in apertura dalle poesie di Montale: “Dai tempi in cui gli antichi greci veneravano Eolo alla costruzione, molto dibattuta, delle pale eoliche sul Passo del Gottardo, con il vento l’uomo ha sempre avuto prima di tutto un rapporto di amicizia, cercando di sfruttare quanto di buono poteva e può offrire… a questo proposito pensiamo ai trasporti con le barche a vela, ma è stato sfruttato anche come risorsa energetica a partire dai mulini fino ad arrivare ai già citati impianti eolici, senza dimenticare le attività di svago, dal windsurf al parapendio".

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Impianti eolici in Gran Bretagna, nell'East Sussex

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"Il vento è però, e lo è tutt’oggi, anche temuto: se troppo forte è infatti distruttivo e risulta anche pericoloso per la vita umana. Pensiamo ai tornado, agli uragani, ma anche ai più vicini incidenti mortali capitati in Svizzera o nelle regioni adiacenti a causa di fortissime raffiche di temporale. Durante le stagioni fredde il vento rappresenta anche un’insidia ulteriore, soprattutto per l’alpinista: con il vento la temperatura percepita può infatti essere decisamente più bassa rispetto a quella misurata. Per esempio se la temperatura è di -5 gradi, con una raffica di 50 km/h la temperatura percepita dalla pelle non protetta è di -15 °C” conclude Luca Nisi.

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Il vento può abbassare di pareccchio la temperatura percepita, complicando la vita soprattutto ad alpinisti e frequentatori della montagna

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