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Gli yazidi e l'ultimo genocidio

Erano milioni e adesso in Iraq ne sono rimasti 400'000. Vivono nei campi profughi e cercano di dimenticare ciò che non si può dimenticare

  • 16 luglio 2021, 05:49
  • 20 novembre, 20:05
05:35

Un fiore per non morire dentro

RSI/Laura Silvia Battaglia 16.07.2021, 07:45

La condizione della minoranza yazida in Iraq, lungamente perseguitata dallo Stato Islamico (IS), per via dei suoi riti considerati pagani, si aggrava sempre più, nonostante nel 2017 il sedicente califfato sia stato sconfitto a Mosul. Con i tre quarti della sua rappresentanza decimata in quello che da più parti viene definito l’ultimo genocidio contemporaneo, i 400'000 yazidi sopravvissuti risiedono nel nord dell'Iraq in campi.

Amy Beam, attivista americana che da sette anni si occupa di loro, ammonisce: “Non possono tornare nei loro villaggi di origine, dove i miliziani dello Stato Islamico hanno bruciato le loro coltivazioni e le loro case ma il Governo iracheno ha dichiarato che presto chiuderà i campi. Così molti di loro cercano di arrivare in Europa, trafficati in container dalla Turchia, mentre quelli che rimangono si sono spesso trovati in condizioni di enorme difficoltà”, non ultime le 350 famiglie che hanno perso tutto nell’incendio del campo di Sharya.

In questo quadro, sono ancora fortemente in pericolo le donne e le ragazze che sono state rapite e stuprate dai miliziani dell'IS, molte delle quali ancora disperse in Siria, nel campo di al-Hol. Tra quelle che sono rientrate in famiglia, un buon numero di residenti del campo di Esyan nella città di Dohuk, ha aderito al progetto ASET della ONG AVSI che insegna la floricoltura a donne (e uomini). Per Khalida, Leila e per tutte le altre, vedere sbocciare un fiore, equivale a non morire dentro nel ricordo di tutto quanto subìto.

Laura Silvia Battaglia

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