A Bardonecchia, Niankoye lo ha portato un taxi, da Torino. Sì, un taxi: perché sul treno la polizia lo ha fermato e fatto scendere, visto che Niankoye, 16 anni, dalla Guinea, è senza documenti. Ha speso tutti i soldi che gli restavano per arrivare in Alta Val Susa, dall’altra parte del mondo, dopo aver attraversato i deserti, il Mediterrano, l’intera Italia e provare ora a raggiungere la Francia. Una volta arrivato a piedi dalla stazione di Bardonecchia a Pian del Colle, Niankoye credeva però che il difficile fosse alle spalle. E invece doveva ancora cominciare: il muro di neve del Colle della Scala e i 9 chilometri per arrivare a Névache, il primo centro abitato transalpino. È questa la nuova Lampedusa d’Italia: l’ultimo fronte per i migranti che sognano la Francia. Ma il passo alpino, per loro, rischia di trasformarsi in una tomba di ghiaccio.
Il viaggio
Dove le maglie della frontiera sono più larghe
Quando incontriamo Niankoye, le mani non le sente quasi più. Mostra uno sfogo sulle dita, gli occhi si fanno cupi. Inizia a raccontare dei suoi quattro mesi in Italia, nel centro di accoglienza di Palermo. "Non ho mai visto un medico – spiega in francese – andare a scuola era complicato. Non c’era futuro". Decide di andarsene. Prende un autobus, arriva a Messina. Poi Roma e Torino. Perché due amici ce l’hanno fatta: gli hanno parlato di questa cittadina di montagna, dove le maglie della frontiera sono più permeabili. Peccato che loro, il confine, lo abbiano passato a settembre. Senza neve. Fino a quest’inverno, infatti, la strada non era difficile. Tanto che si stima che almeno 1'500 persone, originarie soprattutto delle ex colonie francesi, siano sconfinate. D’inverno, invece, è impossibile. "Ma ogni giorno qualcuno ci prova – raccontano dal Soccorso Alpino - . Tentano di salire fino a duemila metri, attraverso un valico chiuso proprio perché pericoloso".
C'è chi manifesta
Anche James ci proverà. Arriva alla stazione spingendo un trolley, con i suoi abiti sgargianti e la giacca di velluto. È nigeriano e in Francia ha due cugini. Domenico Cerri, volontario di Rainbow for Africa onlus formata da medici e infermieri di Torino che offre assistenza ai migranti, prova a spiegargli che avventurarsi adesso vorrebbe dire morire. È lui di turno nella stanzetta del Soccorso Alpino: quindici posti letto improvvisati, coperte anche sul pavimento, nell’indifferenza della località sciistica. Per questo nei giorni scorsi, la rete Briser les Frontières ha organizzato una marcia: da Clavière, ultima cittadina italiana, a Monginevro, in Francia. Per urlare, sugli striscioni, che "Solo quando non esisteranno più frontiere nessuno morirà per attraversarle".
Erica Manna e Alessio Pagani