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Lo Yemen che fu terra promessa

La guerra ha messo in ginocchio molte persone che, fuggite da Somalia ed Etiopia, vi avevano trovato rifugio - Storia di Anab e Alfea

  • 21 marzo 2019, 06:47
  • 22 novembre, 22:42
03:47

Yemen, donne senza rifugio

RSI/Laura Silvia Battaglia 21.03.2019, 06:45

  • ©Laura Silvia Battaglia

Il prossimo 28 marzo la Catena della Solidarietà promuoverà una raccolta per lo Yemen. Noi oggi vi parliamo dei 16 mila rifugiati a Kharaz.

Sono le ultime tra gli ultimi, nello Yemen in guerra dal 2015. Anab e Alfea, quarant’anni entrambe, vivono la loro vita di rifugiate rispettivamente da Somalia ed Etiopia, come in un limbo senza uscita nel campo di Kharaz, il più grande dello Yemen. Circondato dal deserto del Sud Ovest del Paese, Kharaz è un agglomerato di piccole case in muratura, baracche e varia umanità a 136 kilometri dalla capitale Aden. Dal 2000 accoglie rifugiati da Somalia ed Etiopia per un totale di 16mila persone ma dal 2007 si parla di una sua chiusura. Chiusura che non arriva mai, mentre la manutenzione e i servizi, soprattutto sanitari e scolastici, affidati a UNHCR, scarseggiano sempre più.

Così, senza possibilità di ottenere contanti giornalieri e assistenza, le due donne si arrangiano come possono: Anab, con cinque figlie, è nella situazione più difficile e abita anche in uno degli shelter più antichi e poveri di Kharaz. Alfea ha un marito somalo che è diventato letteralmente pazzo a causa della perdita del lavoro dopo la guerra e si è dovuta rimboccare le maniche per mantenere le quattro figlie. Adesso, lava i panni dei vicini a pagamento e da questa piccola attività ottiene almeno il denaro necessario per sfamare la famiglia. Ma non si fa illusioni. Dice: “Adesso sono io quella che lavora, ma non basta per vivere. Non torneremo mai in Somalia né io in Etiopia. Piuttosto, possiamo solo sperare che la guerra finisca presto. Se così fosse, anche vivere fuori dal campo non sarà impossibile".

Laura Silvia Battaglia

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