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Sognando l'indipendenza (1)

La "questione catalana" e il rischio di un ritorno al passato per l'Europa degli Stati nazionali visti dal prof. Christian Giordano

  • 16 novembre 2017, 06:59
  • 23 novembre, 03:37
Europa, tra Stati federali e Stati nazionali

Europa, tra Stati federali e Stati nazionali

  • ©Keystone

È deciso: il prossimo 21 dicembre la Catalogna eleggerà il suo nuovo presidente. Venerdì 17 novembre, a mezzanotte, scadranno i termini per la presentazione delle liste. Il 25 novembre ci sarà la proclamazione ufficiale delle candidature e dal 5 al 19 dicembre avrà luogo la campagna elettorale. L’Europa ha deciso di considerare l’intera questione come “affare interno di uno Stato nazionale”. Ciononostante la questione catalana ha riportato alla ribalta un problema irrisolto (e non solo in Europa), quello dell’omogeneità culturale.

Il prof. Christian Giordano*, da oggi e per tre giorni, ci spiegherà perché, quanto sta accadendo in Catalogna (ma che potrebbe accadere anche in Scozia o in Transilvania) vada seguito con attenzione.

Si può distinguere tra due tipi di statualità caratteristici del mondo moderno: la consociazione e lo stato nazionale
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La consociazione può essere caratterizzata come un’organizzazione statale in cui vigono delle pratiche sociali di tolleranza reciproca talvolta anche di carattere quotidiano tra i diversi gruppi etno-culturali che la compongono senza che ci sia bisogno di un intenso e continuo intervento da parte di apparati politico-burocratici di natura centralizzata. Le consociazioni sono perciò contraddistinte da sistemi politici molto decentralizzati sia dal punto istituzionale che da quello territoriale. Si tratta quindi di stati di natura federalistica come il Canada, la Svizzera, l’Australia, il Belgio ma anche la Malaysia e in parte l’India. Non si può negare che questi stati si sono organizzati in maniera consociativa soprattutto a causa delle loro diversità linguistiche o religiose.

Stato nazionale e omogeneità culturale

Gli Stati nazionali come comunità politiche sono invece caratterizzati dall’asimmetria strutturale tra nazione titolare e minoranze appartenenti a culture diverse. Quest’ultime sono tollerate perché eccezioni ma sono considerate entità aliene le quali almeno a livello teorico non dovrebbero esserci sul territorio di uno Stato nazionale. Ciò perché l’idea di Stato nazionale si fonda sull’idea di omogeneità culturale. La presenza di minoranze è qualcosa che quindi disturba o addirittura minaccia la coesione immaginata nel modello che si fonda sulla congruenza tra stato, nazione e territorio ovvero sul principio: uno stato con un territorio per una sola nazione. Come vedremo anche in seguito la Francia e la Germania vanno ritenuti come i due modelli classici di stati nazionali ai quali altri stati soprattutto europei si sono ispirati.

Gli stati nazionali si fondano quindi sull’ideale dell’omogeneità culturale sia essa etnica, linguistica o religiosa. Tuttavia bisogna aggiungere che questo ideale si è rivelato essere un’utopia astratta e in definitiva fuorviante. Infatti, se diamo uno sguardo alla realtà mondiale ed europea ci accorgiamo che la realtà è molto diversa perché la stragrande maggioranza degli stati nazionali a livello mondiale si fonda su realtà culturalmente molto differenziate e complesse. Per quel che riguarda l’Europa fino a pochi anni fa si potevano considerare come stati nazionali omogenei dal punto di vista etnico, linguistico e religioso solo il Portogallo e l’Islanda. Il Portogallo da parte sua ha conosciuto sin dagli anni settanta del secolo scorso, cioè dopo la rivoluzione dei garofani (1974) e la conseguente decolonizzazione, un’importante immigrazione da Angola, Mozambico Guinea equatoriale ecc.. L’Islanda invece ha attualmente sempre più bisogno di stranieri che lavorano nella pesca e che almeno temporaneamente si stabiliscono sul suo territorio.

Diritto all'autodeterminazione

Lo stato nazionale è un prodotto della fine del 18esimo e soprattutto del 19esimo quando la mobilità era piuttosto bassa. Infatti, allora si pensava che le minoranze si assimilassero facilmente alle rispettive maggioranze. Ciò che invece non avveniva negli imperi multiculturali (Impero austro-ungarico, russo e ottomano) ritenuti ormai entità politiche in piena decadenza. Anzi, la liquidazione di tali imperi avvenuta soprattutto con il Trattato di Versailles (1919), apriva la porta alla nascita di una congerie di nuovi stati nazionali soprattutto in Europa centro-orientale. Fu proprio durante le trattative inerenti a questo trattato che il presidente americano Woodrow Wilson formulò la sua famosa dottrina dell’autodeterminazione per la quale ogni nazione aveva il diritto di avere un proprio stato. Fu esattamente questo principio, a prima vista ragionevole e giusto, che portò l’Europa verso la sua più grave catastrofe politica del 20esimo secolo culminata con la seconda guerra mondiale. Tale disastro fu in gran parte dovuto al fatto che l’ideale dell’omogeneità culturale era ed è tuttora troppo astratto in rapporto alla situazione etnicamente molto più complessa nei singoli territori nazionali.

Christian Giordano*

*Professore emerito di antropologia sociale all’università di Friborgo, Dr. honoris causa delle università di Timisoara (Romania) e Tibilisi (Georgia). Attualmente è professore invitato presso le università di Kaunas (Lituania), Bucarest (Romania) e Bydgoszcz (Polonia). Ha insegnato anche presso la University of Malaya (UM) di Kuala Lumpur e presso la Russian State University of Humanities (RGGU) di Mosca.

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