Tre persone residenti in Svizzera sono finite nell’orbita dell’inchiesta che oggi (venerdì) ha portato a 14 arresti in Calabria. Per loro l’antimafia di Catanzaro ha chiesto assistenza giudiziaria.
Il blitz, ordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, è scattato all’alba di oggi. Oltre 200 carabinieri hanno portato in Italia all’arresto di 14 persone, una ai domiciliari; 26 in tutto le persone indagate. Sono accusate di una lunga lista di capi di accusa, tra gli altri: associazione armata di tipo mafioso, omicidio plurimo, concorso esterno in associazione mafiosa.
Sfruttavano il “brand Calabria” per attività criminali
L’inchiesta si è concentrata su una ‘ndrina radicata nella provincia di Vibo Valentia, una cosca all’origine della cosiddetta “strage dell’Ariola” del 2003 che prende il nome dal locale di ‘ndrangheta dell’Ariola, accertato in vari altri procedimenti penali italiani. Tra i più noti vi sono “Luce nei boschi”, “Conflitto” e “Crimine”.
La cosca ha ramificazioni in Abruzzo, Piemonte e anche Svizzera. Al centro dell’inchiesta i fratelli Maiolo che, stando agli inquirenti, “grazie alla creazione di una serie di società per l’import/export di prodotti enogastronomici, nascondevano la reale attività del gruppo criminale nel settore delle armi, delle estorsioni e del narcotraffico”. In sostanza, secondo gli inquirenti, sfruttavano la pubblicizzazione positiva del “brand Calabria” per portare avanti i loro affari illeciti.
Tre persone residenti in Svizzera nel mirino
In Svizzera - stando a nostre informazioni - risiedono tre persone coinvolte nel procedimento italiano. I tre non sono destinatari della misura cauterale, ma le autorità italiane hanno richiesto assistenza giudiziaria alla Svizzera per le loro attività.
Una di queste persone è residente nel canton Berna e possiede un ristorante a Bienne. Come leggiamo nelle oltre 1’200 pagine dell’inchiesta, “costituiva - per gli inquirenti - un solido e fidato punto di riferimento del gruppo, quale rappresentante degli interessi di uno dei boss della cosca in Svizzera, principalmente per quanto concerneva l’individuazione di clienti disponibili ad acquistare da lui prodotti reperiti in Calabria o Piemonte e successivamente trasportati in Svizzera.” L’uomo avrebbe anche favorito alcuni membri del gruppo criminale in occasione di una rapina perpetrata nella provincia di Novara nel 2017, fornendo agli autori - che avrebbero raggiunto l’Italia dalla Svizzera - un falso alibi ai Carabinieri di Verbania. L’uomo era già citato in un’altra inchiesta italiana precedente, dove veniva ricostruita l’intimidazione al sindaco del comune di Arena, in Calabria, quando, nel 2009 fu fatta esplodere la sua autovettura.
L’altra persona nel mirino della giustizia italiana è residente nel canton Zurigo. L’uomo avrebbe un’azienda interinale la cui sede principale è nel canton San Gallo. La DDA di Catanzaro ha evidenziano come questa società di collocamento sarebbe stata “messa a disposizione della criminalità organizzata calabrese per assumere o far assumere gli appartenenti al sodalizio criminale.” Alcuni sodali del gruppo infatti (certi anche con attività di favoreggiamento alle spalle) avrebbero ottenuto diversi permessi B per risiedere nella Confederazione.
Infine tra le carte spicca l’assunzione nella società interinale del nipote di un boss di una cosca coinvolta anche nella famigerata strage di Duisburg. L’uomo è residente anch’egli nel canton Zurigo.
Sei perquisizioni in Svizzera
Da noi contattato il Ministero pubblico della Confederazione conferma la collaborazione con le autorità italiane. “Il 21 giugno scorso – spiega alla RSI la Procura elvetica - sono state eseguite sei perquisizioni domiciliari sotto la direzione del MPC da parte di fedpol e delle polizie cantonali di Zurigo, Turgovia e Berna”. Non sappiamo se al momento queste tre persone siano indagate nella Confederazione. In Svizzera, tuttavia il procedimento penale è ancora in corso. Su tutte le persone coinvolte vige naturalmente la presunzione d’innocenza.
Procedimenti penali abbandonati
Nel frattempo, la RSI è venuta a sapere che il Ministero pubblico della Confederazione aveva aperto nel 2019 anche in Svizzera un’inchiesta contro gli uomini finiti nel mirino della giustizia italiana. Il 21 gennaio scorso, la Procura ha però notificato agli imputati l’abbandono dei procedimenti penali. Questo perché citiamo “nell’ambito dell’attività istruttoria non si sono corroborati sufficienti indizi di reato tali da giustificare nei suoi confronti la promozione dell’accusa” in particolare in relazione al reato di organizzazione criminale su suolo elvetico. I decreti d’abbandono – ci ha confermato il MPC - sono cresciuti in giudicato.