Venerdì a Bellinzona si è tenuto un incontro tra la Commissione diritti e giustizia del Gran Consiglio e Pietro Grasso, importante ex magistrato antimafia italiano e già presidente del Senato.
SEIDISERA lo ha intervistato, partendo dalla “questione ticinese” delle nomine dei magistrati da parte della politica, da tempo al centro del dibattito e ancora recentemente nell’occhio del ciclone dopo la lettera di dieci personalità già attive nella Procura ticinese che chiedono che l’elezione avvenga unicamente in base a criteri di idoneità.
In Ticino la commissione non cambia idea sulle nomine dei magistrati
SEIDISERA 08.03.2024, 18:21
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In Italia le nomine avvengono dal Consiglio Superiore della Magistratura che è un organo misto di magistrati e di politici. Naturalmente il problema non è tanto la nomina, ma è come il magistrato, una volta nominato, possa rimanere assolutamente indipendente rispetto alla parte politica che l’ha eletto.
Ma è possibile?
Dipende dalla coscienza del magistrato: se c’è una persona che sa che risponde a tutti quanti i cittadini per l’istituzione che rappresenta, non c’è dubbio. Io ho sempre conosciuto magistrati svizzeri con alto senso di indipendenza e del dovere.
Già ai tempi del lavoro di collaborazione tra Carla Del Ponte e il giudice Giovanni Falcone, era emersa una grande presenza della mafia in Svizzera e in Ticino in particolare. Oggi com’è la situazione?
Io sono stato giudice nel maxiprocesso contro la mafia (iniziato nel 1986, ndr), dove c’era una parte delle indagini che si occupava proprio dei capitali che venivano dagli Stati Uniti come contropartita del traffico di eroina e finivano tutti in Svizzera. Quello è stato il mio primo contatto con questa presenza di capitali mafiosi in Svizzera. Poi naturalmente nelle varie fasi della mia attività professionale di magistrato, della Procura di Palermo prima e della Procura nazionale antimafia dopo, ho avuto più occasioni di continuare a constatare che naturalmente c’era questa piazza finanziaria che garantiva la segretezza dei depositi che provenivano anche da delitti come il traffico di droga, di armi e quant’altro. Oggi però la situazione è cambiata, perché una parte di quei proventi illeciti vengono investiti anche in attività produttive sul territorio e quindi questo non può che eliminare la concorrenza legittima e legale, proprio perché chi ha denaro a costo zero è chiaro che è avvantaggiato rispetto a chi invece rispetta le regole.
La cronaca ci offre spesso notizie legate alla ndrangheta, recentemente anche alla camorra. La mafia si sente meno negli ultimi tempi: è perché effettivamente ha perso un certo potere oppure è semplicemente sopita in qualche modo? O forse solo apparentemente?
La mafia siciliana va in un territorio all’estero per fare un affare, ma non colonizza il territorio, mentre la ndrangheta si sposta e con tutta una colonia di familiari ricrea le condizioni del territorio di origine. Ecco perché si nota di più la presenza di queste organizzazioni, della ndrangheta soprattutto.
Venerdì ha incontrato gli studenti del Liceo di Mendrisio. Come si fa a parlare ai ragazzi di mafia e di legalità?
Beh, io sono partito da quello che dice la nostra Costituzione italiana, cioè quella che è la garanzia della libertà, dell’indipendenza e della democrazia, tutti valori che la mafia mette in discussione perché assoggetta le persone attraverso le pressioni intimidatorie, le connivenze, le collusioni, la contiguità e attraverso i vantaggi che riesce a prospettare, acquisendo il consenso dei cittadini e creando dei cittadini schiavi della mafia. Ecco, questo volevo far comprendere soprattutto ai ragazzi, in maniera che di fronte a una scelta fra la legalità e l’illegalità sappiano da che parte stare.