Quando il 10 agosto del 2023 un treno merci è deragliato nel tunnel di base del San Gottardo, per il traffico ferroviario le conseguenze sono state pesanti: la galleria è rimasta chiusa per oltre un anno, i danni hanno toccato i 150 milioni di franchi. La causa, come un rapporto intermedio del Servizio di inchiesta svizzero sulla sicurezza (SISI) aveva già confermato alla fine di settembre di quell’anno, fu la rottura di una ruota dell’undicesimo carro del convoglio.
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Le telecamere dentro il tunnel dopo il deragliamento
Il Quotidiano 06.09.2023, 19:00
Il primo frammento si era staccato 10 chilometri all’interno della galleria, l’ultimo dopo 17 chilometri, provocando il deragliamento dei successivi 16 vagoni e la distruzione della stazione di scambio di Faido. Le ricerche della trasmissione “Rundschau” di SRF mostrano però ora che la rottura non fu la conseguenza di una concatenazione di eventi sfortunati, ma di un problema sistematico che risiede nel sistema frenante utilizzato su gran parte dei treni merci.
Crepe dovute al nuovo sistema frenante
A dirlo a chiare lettere è la bozza del rapporto finale dello stesso SISI, che i giornalisti di SRF si sono procurati. Vi si legge che “la rottura della ruota non è da ricondurre a una carenza nella manutenzione del vagone 466-2 (...) Si tratta qui di un problema sistematico”. Le fessure constatate sul pezzo che spezzandosi aveva causato l’incidente hanno potuto essere constatate su tutte le ruote del vagone, che in parte erano molto più nuove. All’origine di queste crepe c’è un “sovraccarico termico”. In concreto: le ruote si sono surriscaldate e di conseguenza si sono formate le crepe che, estendendosi, hanno portato alla rottura della ruota. Secondo quattro esperti sentiti da Rundschau, questo rischio si presenta sulla gran parte dei vagoni merci in circolazione. Per tre motivi:
La maggior parte utilizza ancora freni a tamburo, in cui un ceppo preme sulla ruota
I treni merci non viaggiano più oggi a 60-80 km/h, ma a 100 km/h. Questo significa che in presenza di un semaforo rosso la loro frenata, già molto lunga a causa della grande massa, si allunga ulteriormente
I ceppi dei freni erano una volta di ghisa, che permette di dissipare il calore meglio del materiale composito utilizzato nelle composizioni più moderne.
In Svizzera FFS Cargo ha proceduto entro la fine del 2019 alla sostituzione dei freni dei suoi oltre 500 carri merci con quelli nuovi, il cui vantaggio consiste nel minore impatto acustico, rispettoso del limite di 83 db(A) definito dalla legislazione europea. Dal 2020 la Confederazione vieta sulla rete elvetica a scartamento normale la circolazione di carri con ceppi frenanti in ghisa.
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Quasi tutti i carri in circolazione dispongono del sistema frenante problematico
Nonostante questo, le prescrizioni per la manutenzione non sono mai state adattate, dicono i medesimi esperti. Come prima, i vagoni merci devono essere sottoposti al servizio ogni 8 anni o 660’000 chilometri, meno spesso di un’automobile. Per Hanspeter Hänni, oggi in pensione ma per oltre 20 anni operativo all’Ufficio federale dei trasporti, “il rapporto mostra chiaramente che abbiamo un problema sistematico con la manutenzione e che questo ha conseguenze importanti sulla sicurezza”. Ruedi Beutler, ex responsabile della flotta delle FFS, ritiene che se un episodio simile si ripetesse su un tratto all’aperto, in una galleria con traffico nei due sensi o addirittura in una stazione, l’incidente potrebbe provocare dozzine di morti.
Il rapporto intermedio del SISI già diceva che il tipo di danno corrispondeva a quello inserito in un avviso di sicurezza emesso dalle autorità di vigilanza belghe e italiane nel 2017, in seguito alla constatazione di diversi casi di crepe e fratture. La bozza di quello definitivo fornisce ora anche le cifre più recenti: una task force europea ha scoperto dopo l’incidente del San Gottardo 77 casi di crepe e 10 di rottura di una ruota.
La catastrofe sfiorata dello scorso novembre
L’episodio più grave e che ci riguarda più da vicino risale al 27 novembre del 2024. Il treno merci 46105 attraversò la Svizzera e raggiunse la stazione di Domodossola, dove per caso, a una prova dei freni, si scoprì una fessura che attraversava una ruota da parte a parte. Il convoglio venne immediatamente fermato. Secondo gli esperti, solo per pura fortuna non si verificò una rottura, che avrebbe causato un nuovo deragliamento. Di questo caso l’opinione pubblica non è mai stata informata.
L’autorità di sorveglianza, malgrado l’ampia casistica, si è limitata tuttavia fin qui a una raccomandazione non vincolante. Il rapporto del Servizio di inchiesta svizzero sulla sicurezza auspica ora un ripensamento completo: vanno verificati tutti i tipi di ruota con freno a tamburo di materiale composito. Si tratta della quasi totalità ormai di quelle in circolazione. Fanno eccezione solo i pochi con freni a disco come quelli delle automobili.
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Si raccomanda una revisione dei criteri di manutenzione
Inoltre, “il SISI raccomanda di adeguare i criteri della manutenzione delle ruote su cui sono montati freni a tamburo in materiale composito, sia per quanto riguarda l’intervallo degli interventi che per ciò che concerne la metodologia”.
Autorità di sorveglianza impotente
Interpellato da SRF, l’Ufficio federale dei trasporti risponde che è necessaria una soluzione europea. Il portavoce Andreas Windlinger afferma che “saremmo felici, se si potesse fare più rapidamente, ma siamo incorporati in un sistema che non possiamo cambiare da soli”.
“La responsabilità sia dei proprietari dei carri”
Si richiede anche un intervento della politica affinché in futuro siano i proprietari dei carri e non l’azienda di trasporto a essere responsabili di eventuali danni. Solo così saranno indotti a intervenire per migliorare la sicurezza. Una proposta in questo senso era stata respinta di misura nel corso della scorsa sessione. Fra gli oppositori, il consigliere nazionale Benjamin Giezendanner afferma che in quel caso “molti detentori di vagoni europei potrebbero semplicemente evitare di far circolare i loro carri in Svizzera”.
La fattura dell’incidente del San Gottardo, come aveva risposto il Consiglio federale a un’interrogazione di Piero Marchesi nell’agosto scorso, è essenzialmente a carico di FFS Cargo e della sua assicurazione. Non della società di Zugo che, tramite una filiale svedese, risultava proprietaria del vagone.
RG 12.30 del 26.02.2025
RSI Info 26.02.2025, 12:42
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