Svizzera

I bilaterali: un'idea di Blocher

I rapporti fra Svizzera e UE e la loro evoluzione nel corso dei decenni. Intervista a Felix E. Müller

  • 24 agosto 2020, 15:14
  • 10 giugno 2023, 03:54
03:33

RG 12.30 del 24.08.2020 - L'intervista di Luca Beti

RSI Info 24.08.2020, 14:22

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In vista del voto sull'iniziativa popolare "Per un'immigrazione moderata", di questi tempi si parla molto di accordi bilaterali. Ma chi fu l'artefice della via bilaterale? Chi si occupò delle trattative con l'UE? E come è cambiato nel corso dei decenni il rapporto tra Berna e Bruxelles? Intervista di Luca Beti a Felix E. Müller, ex capo redattore del domenicale NZZ am Sonntag e autore di un libro sui bilaterali e l'accordo quadro. Nel suo libro ripercorre le varie fasi dei rapporti tra la Svizzera e l'Unione europea, dagli anni Settanta del secolo scorso al 2020.

Nel corso dei decenni, com’è cambiato il rapporto tra Berna e Bruxelles?

All'inizio, la Svizzera era molto scettica e contraria all'UE. La sua attenzione era piuttosto rivolta all'Associazione europea di libero scambio (AELS). E quando questa organizzazione ha iniziato a perdere influsso e Stati membri, soprattutto quando la Gran Bretagna è entrata a far parte dell'Unione europea, Berna ha iniziato a guardare con maggiore interesse all'UE e a farsi una ragione sul fatto che doveva, in un qualche modo, andarci d'accordo.

A quando risale questo iniziale interesse della Confederazione nei confronti dell'UE?

Credo che il momento in cui la Svizzera ha iniziato ad avvicinarsi all'UE risalga agli anni Ottanta, anni in cui ha intensificato i rapporti e lo scambio di informazioni con l'Unione europea. Ma la svolta la si ebbe soprattutto nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino. È un momento decisivo per le relazioni tra Berna e Bruxelles. Dopo vari colloqui e contatti, il governo si convinse che era giunto il momento di aderire allo Spazio economico europeo SEE.

Oggi sappiamo come andò. Nel 1992, l'adesione allo Spazio economico europeo venne bocciata alle urne. Si cercò quindi un'altra via per accedere al mercato interno europeo. A chi venne l'idea degli accordi bilaterali?

È stata inizialmente l'UDC, o meglio Christoph Blocher, ad avere questa idea. Durante la campagna che precedette il voto sullo Spazio economico europeo, Blocher sostenne che per regolare le relazioni future con l'Europa bisognava concludere dei trattati nei settori che interessavano alla Svizzera. E così, dopo aver superato lo shock del voto, Berna definì una serie di argomenti da discutere con Bruxelles. Così è nato il primo pacchetto negoziale degli accordi bilaterali.

Nel corso dei decenni, Berna si è affidata a vari diplomatici di spicco, tra cui ricordo Jakob Kellenberger, Michael Ambühl e Yves Rossier. Che capo negoziatori sono stati?

Jakob Kellenberger era un promotore dell'adesione della Svizzera all'UE ed era in realtà piuttosto riluttante a negoziare gli accordi bilaterali. Temeva che un successo sulla via bilaterale avrebbe fatto naufragare il progetto d'adesione. Per questo motivo, inizialmente, ha condotto le trattative con una certa riluttanza. Michael Ambühl è stato probabilmente il miglior negoziatore che ha avuto la Svizzera negli ultimi decenni. In brevissimo tempo è riuscito a concludere gli accordi bilaterali II. Yves Rossier è stato, invece, un negoziatore piuttosto impaziente e impulsivo. Senza motivi imperativi, ha fatto delle concessioni all'UE, che oggi sono all'origine delle resistenze nei confronti dell'accordo quadro.

A quali concessioni si riferisce?

In sostanza, si tratta del ruolo centrale che ha la Corte di giustizia dell'Unione europea nella risoluzione delle controversie tra la Svizzera e l'UE. In precedenza, Michael Ambühl aveva sempre ritenuto che si trattasse di un processo politico, ossia che per dirimere le controversie bastava incontrarsi e trovare un compromesso tra politici. Per Yves Rossier, invece, spettava ai giuristi trovare una soluzione. Con questo cambiamento di paradigma è entrata in scena la Corte di giustizia dell'Unione europea.

Dopo aver conseguito dei successi negoziali con gli accordi bilaterali I e II, la Svizzera cambia strategia. Ogni dipartimento vuole tirare l'acqua al suo mulino.

Soprattutto quando Michéline Calmy-Rey era a capo del Dipartimento degli affari esteri, gli altri membri del governo le impedirono di avere un ruolo centrale nelle trattative con l'UE. In precedenza, Kellenberger e Ambühl si erano presentati a Bruxelles con dei pacchetti negoziali. In seguito, invece, ogni singolo dipartimento trattò direttamente con l'UE, per esempio la consigliera federale Doris Leuthard per l'accordo nel settore dell'energia elettrica. Il DFAE aveva quindi solo il compito di coordinare i negoziati. L'UE però non è più disposta a stare al gioco della Svizzera poiché prima di tutto voleva definire un quadro generale delle relazioni con Berna.

Per l'UE, i bilaterali costituivano quindi solo una soluzione transitoria verso l'adesione della Svizzera all'UE?

Fino al 2005-2006, Bruxelles credeva nell'adesione all'UE della Svizzera. Ed è solo per questo motivo che ha firmato questi accordi bilaterali, che in realtà sono completamente estranei al sistema UE. A un certo punto, l'UE si è resa conto che la Confederazione non aveva alcun interesse ad aderire all'Unione europea. Da allora, Bruxelles ha deciso che si sarebbero stipulati nuovi accordi solo se prima si fosse trovato un accordo quadro.

Luca Beti

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