A Berna sono in corso gli “Swiss Cyber Security Days”, le giornate svizzere della sicurezza informatica, la grande fiera dedicata alle sfide nel settore. A margine del congresso è stata organizzata una conferenza stampa dove gli esperti hanno parlato dei rischi - legati a Internet e ai social network -che corrono i minorenni, senza dimenticare l’intelligenza artificiale (AI). che rappresenta una sfida anche nella lotta alla pedo-criminalità. Quel che è emerso, in quanto a responsabilità della società intera, è a tratti più grave di quanto si potesse immaginare.
I social network si sono evoluti in social media, quindi si sono diversificati con precisi scopi. Nicolas Mayencourt, direttore del congresso, ne è convinto, e ha spiegato ai microfoni della RSI che abbiamo perso per strada un’intera generazione. Lo dice in modo chiaro: secondo lui i social sono progettati per tenere l’utente agganciato allo schermo il più a lungo possibile per poter piazzare contenuti pubblicitari. Per farlo hanno a disposizione un’armata di psichiatri che ottimizzano gli algoritmi in modo da farci sentire a nostro agio. “In termini biologici significa che le piattaforme sono orientate alla produzione di dopamina, ormone della felicità che crea dipendenza. Il cervello dei bambini è però anche in fase di sviluppo e se osserviamo i giovani che per 4, 5, 6 anni di sviluppo hanno avuto comportamenti che creano dipendenza, ci accorgiamo che c’è una generazione con una corteccia frontale diversa dalla nostra e sono aspetti correlati ai disturbi d’ansia, alla depressione, ai disturbi alimentari e ai problemi di concentrazione. Abbiamo lasciato che ciò accadesse ed è ora di tornare a prenderci cura dei nostri figli”, dice.
Poi c’è l’eterna, sempre più attuale, lotta contro la pedo-criminalità con la comparsa del deep fake (la trasformazione di immagini in filmati che simulano i movimenti naturali di viso e corpo), il cybergrooming (l’adescamento online) e la sextortion (il ricatto con la minaccia di pubblicare foto compromettenti). Regula Bernhard Hug, direttrice di protezione dell’infanzia, ritiene che non abbiamo fatto i conti con l’intelligenza artificiale. “Oggi ci sono applicazioni offerte negli app store che possono produrre materiale criminale da qualsiasi foto privata e che permettono di ricattare chiunque da qualsiasi continente - spiega -. Questi fenomeni aumentano, anche perché in internet ci sono informazioni e materiale riguardanti i bambini che permettono di farlo - dice -. Ora il 90% dei giovani dichiara di non parlare con i genitori dei contenuti e delle esperienze online. Allo stesso tempo, il 90% dei genitori afferma di sapere esattamente cosa succede online. Occorre ragionare anche su questa discrepanza. Molte ragazze e molti ragazzi sono ben informati sui rischi ma poi magari la forte pressione dei coetanei hanno la meglio e questo li espone a situazioni pericolose”.
Secondo l’esperto Nicolas Mayer un intervento normativo con regole chiare per tutti, per esempio a scuola, può essere molto utile. “Bisogna avere il coraggio di parlarne coi propri figli non appena internet viene messo a loro disposizione... dovesse essere anche a 4 o 5 anni (nonostante le apposite applicazioni per bambini). Bisogna prepararli a un mondo malvagio ma senza panico e senza privarli della loro infanzia”, spiega.
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Le sfide della cyber-sicurezza
SEIDISERA 18.02.2025, 18:00
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